monolocane

Esperimenti riusciti

Succede raramente di finire un libro e, sull’onda dell’emozione che le ultime parole hanno6a7cdef98fd1ba9dd08d42ac1b5fbc11 lasciato, chiamare direttamente l’autore al telefono per ringraziarlo. L’ho potuto fare non appena ho chiuso Esperimenti di felicità provvisoria, di Matteo B. Bianchi (non che conosca molti scrittori, eh: ho avuto solo modo di presentare un paio di volte un libro di Matteo, e lui ha pubblicato un mio racconto su Linus. Detta così sembra uno scambio di favori. Oh, insomma).
In realtà non so dirvi se Esperimenti è un “bel” libro. Non l’ho letto con gli occhi del critico, visto che non lo sono, ma neanche con lo sguardo almeno un po’ “tecnico” di chi alla fine ha a che fare da anni con le parole scritte . O meglio: ho iniziato a leggere con questo spirito, e in principio ho anche avuto una certa difficoltà a seguire le varie vicende incrociate dei personaggi. Ma il giorno dop ho ripreso in mano il libro e non ho più smesso: un po’ come quando si esce con molte persone nuove e interessanti (caso raro, è vero). La prima volta si fa fatica a ricordare i nomi, la seconda pare che ci si conosca da una vita e si cerca di stare insieme tantissimo.
Matteo parla di amore, di amori, di passaggi. Parla di ragazzi eterosessuali che sperimentano l’omosessualità e viceversa. Ma una volta tanto l’esperimento non è cruento, estremo, da film porno. Si tratta di esperimenti che hanno più a che fare con l’emotività e le emozioni che con i corpi, e in questo perdono ogni tipo di qualsivoglia connotazione “di genere”, e acquistano in riconoscibilità. In fondo ogni amore (omo o etero) è nuovo e soprattutto diverso, lasciando pure tutta la forza che questo aggettivo ha. Non c’è spazio per un’omosessualità urlata: semmai ad essere urlato è il “tradimento” di cui viene accusato chi ha voluto “distinguersi” per avere avuto dei contatti con la cosiddetta altra sponda, qualunque essa sia.
I personaggi sono umani: fanno lavori normali (e finalmente una scrittrice viene rappresentata come una-che-scrive-di-mestiere, senza sforare nell’idealismo da maudit o nella vecchia crudezza di “un dollaro a pagina”), hanno case normali, sono normalmente sicuri, deboli, insicuri e forti al tempo stesso.  E gli esperimenti, soprattutto, sono provvisori: ma non perché avere provato qualcosa di diverso sia sbagliato o contronatura (qualsiasi sia la natura dalla quale “si parte”). Semplicemente talvolta accade che le storie finiscono, senza che succeda qualcosa di eclatante, che si chiudano così come si sono aperte, come un libro.

Parlerò di Esperimenti di felicità provvisoria stasera: infatti Matteo B. Bianchi sarà gradito ospite telefonico di Monolocane, in onda dalle 2230.

Vuoi sentire Monolocane? Bene! Se sei a Bologna, prendi la tua vecchia radio, accendila e sintonizzati sui 96.3 o 94.7 MHz. Se sei altrove o non hai un apparecchio radiofonico, usa il computer. È facile! Basta cliccare qua.

Ecco l’intervista!

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Buonasera, tristezza

Tranquilli, non state per leggere un post tardo adolescenziale, né lamentele su amori non corrisposti.
È solo il caro, vecchio annuncio di ciò che potrete sentire stasera dalle 2230 in Monolocane.
Sarà mio gradito ospite (telefonico, ma in diretta) Paolo Madeddu, autore insieme a Paola Maraone di Da una lacrima sul viso, un libro piuttosto divertente anzichenò, che esamina le cinquanta canzoni più tristi del pop italiano, considerandole come terapia omeopatica ai mali d’amore.
Ovviamente, perché abbia efficacia, la puntata dev’essere ascoltata col cuscino sulla faccia a soffocare i singhiozzi e con ulteriore sottofondo di canzoni di f degregori.

Ciao! Vuoi sentire Monolocane? Bene! Se sei a Bologna, prendi la tua vecchia radio, accendila e sintonizzati sui 96.3 o 94.7 MHz. Se sei altrove o non hai un apparecchio radiofonico, usa il computer. È facile! Basta cliccare qua. Dai! Eh! Su! Oh.

Ecco l’intervista!

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(Not so) Distant Radio

Qua si lavora e si fatica (per cosa lo sapete voi meglio di me), e di conseguenza talvolta i post non possono che fare riferimento alla cara e vecchia mamma radio.

Per prima cosa vi segnalo che è stato aperto il tanto atteso (?) On Air, il forum di Città del Capo – Radio Metropolitana, dove si discetta di tutto lo scibile umano, e anche oltre. Registratevi, partecipate.

Per seconda cosa vi segnalo che, se tutto va bene, stasera in Monolocane vi proporrò un’intervista ai Devics (che al momento non ho ancora fatto, ma abbiamo un appuntamento telefonico nel pomeriggio, giuro), a proposito del loro nuovo disco Push the Heart che esce domani e di altre cose che mi verranno in mente al telefono.
Mi scuso fin d’ora per la voce nasale che avrò stasera, ma non ho avuto cuore di uccidere tutti i cigni che avevo in casa e me la sono presa, per evitare che se la prendessero.

Ciao! Vuoi sentire Monolocane? Bene. Se sei a Bologna, prendi la tua vecchia radio, accendila e sintonizzati sui 96.3 o 94.7 MHz. Se sei altrove o non hai un apparecchio radiofonico, usa il computer. E’ facile! Basta cliccare qua. Dai!

Update. L’intervista è ascoltabile, come al solito, dalla pagina web della trasmissione.

Ecco l’intervista ai Devics!

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Come fare radio causando inutili sofferenze

Come quasi ogni giovedì, anche oggi l’etere bolognese (e lo streaming mondiale) verrà invaso dalla mia voce. Nella puntata di Monolocane di stasera un’intervista a Daniele Luttazzi, con il quale ho chiacchierato del suo nuovo spettacolo Come uccidere causando inutili sofferenze, di satira e informazione e di quello che ho visto scritto sui muri di Bologna.
In più musiche, dediche, rubriche e tanta giovane spensieratezza.

Dalle 22.30 sui 96.3 e 94.7 MHz a Bologna e, cliccando qua, in streaming all over the world.

Ecco l’intervista a Daniele Luttazzi!

 

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Gente non troppo gradevole, un po' come gli operai: stavolta ce la si fa.

Dopo la sospensione, ho avuto l’ok. Stasera dalle 2230, a Monolocane.

Siateci.

Ciao! Vuoi sentire Monolocane? Bene. Se sei a Bologna, prendi la tua vecchia radio, accendila e sintonizzati sui 96.3 o 94.7 MHz. Se sei altrove o non hai un apparecchio radiofonico, usa il computer. È facile! Basta cliccare qua. Dai!

Update: sulla pagina web del radioprogrammino l’intervista è ora online. Buon ascolto, sottoposti.

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Di |2005-12-01T16:31:00+01:001 Dicembre 2005|Categorie: Eight Days A Week|Tag: , , , |13 Commenti

Gente non troppo gradevole, un po' come gli operai

Vi ricordate questo post?
Beh, ho chiamato quella società di consulenza, come se fossi un piccolo imprenditore e…
Ho sentito cose che voi umani potrete sentire domani sera, a Monolocane. Come al solito dall 2230 all 0030, su Città del Capo – Radio Metropolitana. E se non siete a Bologna c’è lo streaming, tranquilli.

(Nel  caso finissi dentro, le arance mi piacciono molto, davvero)

Update: per oggi il servizio non va in onda. Il diretùr ha per ora sospeso salomonicamente la decisione.

Radio (Post)

Il vero inizio dell’anno, lo sapete, è dato dall’autunno: scuole che ricominciano, e partenze di “annate” e palinsesti di vario tipo, compreso quello radiofonico.

Sebbene sia già cominciato la settimana scorsa, vi segnalo la seconda puntata di Monolocane, il mio programmino serale, che va in onda, come sempre, ogni giovedì dalle 2230 alle 0030 (circa) su Città del Capo – Radio Metropolitana. Il solito chiacchiericcio, la solita musichella, le solite rubriche (“Tengo ‘na minchia tanta” e “No Accademia No DAMS”), ma nuove incredibili possibilità di interazione. Oltre al numero telefonico della diretta (051 642 80 81) e alla mail della diretta (direttaatradiocittadelcapo.it), adesso abbiamo anche gli sms, come a Radiodigei, che possono essere mandati al numero 348 76 49 289. Usateli per insultarmi e richiedere canzoni.
Nella seconda puntata di Monolocane, domani, vi riproporrò l’intervista che ho fatto il tre luglio scorso a Tori Amos, di cui ho già parlato su queste pagine. Se non ce la fate a sentire l’intervista, ma proprio vi disperate perché l’avete persa, c’è la pagina della trasmissione sul sito della radio che vi soccorre. E se volete sentire tutte le interviste e gli speciali dell’anno scorso, basta accedere all’archivio.

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Già che ci siamo, vi dico anche che è iniziata da ben tre settimane la quinta stagione di SecondaVisione, con delle novità. Abbiamo finalmente un archivio audio, dove potrete scaricare tutte le puntate per intiero. E pare che presto avremo anche il podcast.
Insomma, verso l’infinito e oltre.

Ah, per ascoltare Città del Capo – Radio Metropolitana, seguite queste istruzioni. Per prima cosa, guardatevi intorno: ci sono le due torri in lontananza e qualcuno, intorno a voi, dice parole come “soccia” e non becca una “z” una? Allora dovreste essere a Bologna. In tal caso le frequenze della radio sono 96.3 e 94.7 MHz. In caso contrario, potete sentire la radio in streaming.

Update. Ops, mi sono ricordato che oggi è il John Peel Day, quindi stasera vedrò di farvi sentire alcuni pezzi andati in onda nei suoi storici programmi. Se volete ne potete scaricare una caterva qua.

Come il maiale: un post dove non si butta via niente

Del concerto di ieri dei Sonic Youth e Fantômas a Ferrara non vi dico molto, non ho voglia. Ma, lo ammetto, è stato un concerto strano. I Fantômas sono stati meno bravi della loro apparizione a Bologna. I Sonic Youth, beh, che dire: hanno iniziato nervosetti e hanno concluso alla grande, con un pubblico esaltato come non mai. Un concerto più sporco e meno precisino dell’ultimo che ho visto. Non so se più bello, difficile a dirsi.
Ma la città delle biciclette in questi giorni mi vede di continuo: anche domani, infatti, sarò a Ferrara, al Mel Book Store alle 1830 per presentare l’ultima fatica di quel bel guaglione di Gianluca Morozzi, L’era del porco. Poi andremo a cena, spero, e quindi ci godremo il concerto gratuito di The Faint e Bright Eyes.
Morozzi sarà anche ospite (telefonico) dell’ultima puntata di Monolocane, in onda come al solito giovedì dalle 2230 sui 96.3 e 94.7 MHz bolognesi e provinciali, o se no in streaming qui e qui.
Sulle stesse frequenze, invece, va in onda tra cinquanta minuti circa l’ultima puntata di Seconda visione, in attesa del Gran Galà di martedì prossimo.

Scusate la scarsa fantasia, ma oggi toccherò le undici ore di lavoro. Per ora scrivo queste righe, perché sono a sei, circa.

Ecco l’intervista a Gianluca Morozzi!

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Questa sera tutti da Beck, è festa ye-ye* (Considerazioni sparse e frammentarie, come sempre dopo le feste ben riuscite)

La rassegna “Ferrara sotto le stelle” dà sempre gioie infinite, ma il concerto di ieri di Beck è stato qualcosa di più.
Hanno aperto i Raveonettes, ma non me li sono filati più di tanto: la mia attenzione è stata presa da tre cose, infatti. La prima è stata rendermi conto di quanto il batterista assomigliasse a Micheal Stipe. La seconda, capire se la cantante mi piacesse o meno (alla fine ho capito che non mi piaceva). La terza, capire a che animale assomigliasse un’americana che stava vicino a me: ancora non sono giunto a conclusione.

E poi è arrivato Beck.

Mancava solo il piffero che suonavo alle medie. Beck ha un approccio totale verso la musica: il palco è stracolmo di strumenti, almeno due set di percussioni attive, ma anche diamoniche, sintetizzatori e tastiere, bidoni di latta, ogni possibile variante delle maracas, bassi, chitarre, banjo (suonati per finta), rumori fatti con la bocca, na na nannannanna na na, tamburelli, tutto. E anche i generi toccati sono moltissimi, ma questo, di Beck, già si sa. Egli (adoro scrivere “egli”) rappa, canta, parla, salta, danza. Tutto. Si diverte e fa spettacolo, uno spettacolo totale.

Quanti Losers. Quando iniziano gli accordazzi slide, penso che, allora, la fa. La canzone che l’ha fatto conoscere nel mondo intiero è accompagnata da una foto dell’epoca di Mellow Gold (e non è che il signor Hansen sia cambiato molto, poi). Ovviamente tutto il pubblico canta a squarciagola il ritornello. O, sigh, qualcos’altro…

Intermezzo. Sono vittima di una persecuzione, da tempo: a qualsiasi concerto io vada, dietro di me ci sono sempre degli ubriachi, piuttosto imponenti fisicamente e di solito di origine veneta, che riescono in alcune imprese:
1. tenere a voce altissima un discorso che fondamentalmente prevede una persona A che dice “la conosci questa?” e una persona B che dice “no”: beh, riconosco loro una certa capacità dialettica e polmonare, visto che un dialogo del genere dura almeno venti minuti e riesce ad essere perfettamente udito nel raggio di cento metri, senza badare ai watt emessi dagli amplificatori;
2. usare le canzoni che sono suonate al momento per intonarci su cori da stadio o, più semplicemente, insulti di vario tipo, a caso o verso qualche particolare nemico del gruppo di alcolizzati: il tutto sempre ai toni indicati al punto uno;
3. nel momento in cui qualcuno fa notare loro che, insomma, vorrebbero sentire il concerto e non “daimoruzzifacciilgol, facciilgooooooool”, diventano educatissimi, chiedono scusa e stanno zitti: per un minuto esatto, per poi ricominciare esattamente come prima.

Heart. Beck ama la chitarra acustica, e tocca la vetta più alta del concerto quando riprende la sua cover di “Everybody’s gotta learn sometimes”, in maniera ancora più intima che nella colonna sonora di Eternal Sunshine. E io ho già gli occhi lucidi. Niente in confronto ad uno al mio fianco che, quando si passa al pezzo successivo, e poi a “The Golden Age”, scoppia in lacrime. Appena però gli altri componenti del gruppo, seduti ad una tavola apparecchiata, iniziano ad usare piatti, bicchieri e posate per accompagnare il brano, urla tra le lacrime “Stronzi” e si copre il viso con le mani. Mah. Secondo me è uno che è stato traumatizzato dal concerto del 1980 degli Skiantos**, e appena vede delle stoviglie su un palco impazzisce.

All Tomorrow’s Parties. Alla fine del concerto, salgono una ventina di persone del pubblico e, finalmente, mentre tutti ballano intorno a me, e sul palco, e tutti suonano qualcosa o percuotono qualcos’altro, capisco di essere ad una delle feste più divertenti della mia vita. Uscendo, effettivamente, nessuno usa la parola “concerto” e nessuno si preoccupa di avere fatto casino a casa Beck. Non vedo l’ora che mi inviti di nuovo. Magnifico.

* Il titolo è un omaggio ad una trasmissione radiofonica meravigliosa, che però non c’è più.
** Freak Antoni parlerà dei Beatles proprio stasera, dalle 2230, nella penultima puntata di Monolocane, una trasmissione radiofonica un po’ meno meravigliosa, che potrà essere ascoltata qui o qui. Perché dei Beatles? Perché esattamente quarant’anni fa facevano la loro prima e unica comparsa in Italia. Sì, ogni occasione è buona, ‘mbè?

Ecco l’intervista a Freak Antoni!

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Livin' in a radio (show)

Certe volte mi diverto a cercare il nome della trasmissioncina su Google, e scopro cose buffe. Come, per esempio, il fatto che la cara Runrig vive nel mio programma radiofonico da un bel po’, ormai. Si nasconde bene, evidentemente.
Siamo alla puntata meno tre, ragazzi, a fine giugno si conclude la stagione e con i botti.
Questa puntata, al limite, potete anche perdervela, ma le prossime due, no. Se volete allenarvi, iniziate a farlo da stasera, sui 96.3 e 94.7 MHz di Bologna e provincia, oppure in streaming dal sito della radio o da Radionation.

Di |2005-06-16T15:38:00+02:0016 Giugno 2005|Categorie: Eight Days A Week|Tag: , , , |3 Commenti
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