Sono emozionato. Scrivo quando ho finito di vedere da pochissimo un documentario sul “poeta, scrittore di racconti, saggista” americano, edito in un cofanetto insieme al libro Io e Carver di Tess Gallagher, sua moglie e molto di più, nonché scrittrice anch’essa. La mia passione, la mia riconoscenza, il mio amore per Carver non è mai stato esplicitato in queste pagine. E non saprei come farlo. Potrei scrivere un post lunghissimo. Raccontare tutto, raccontare di questa persona che non ho mai conosciuto, eppure è stata fondamentale per la mia vita. Raccontare di quando ho letto le sue cose per la prima volta. Parlare del mio incontro con il suo traduttore italiano e di quanto mi ha emozionato sentirlo parlare di Ray. Potrei dirvi che Raymond Carver smise di bere esattamente un anno prima della mia nascita. E che morì meno di due mesi dopo il mio decimo compleanno.

Invece per ora lascio solo qui le sue parole. Chi le conosce potrà rileggerle. E spero che possano donare una nuova emozione a chi non le conosce.
“Poi, dopo aver ripreso a respirare regolarmente, ci ricomporremo, non importa se scrittori o lettori, ci alzeremo e, «creature di sangue caldo e nervi», come dice un personaggio di Cechov, passeremo alla nostra prossima occupazione: la vita. Sempre la vita.”

Un pomeriggio

Mentre scrive, senza guardare il mare,
sente la punta della penna che comincia a vibrare.
La marea si ritira sulla ghiaia.
Ma non è per quello. No,
è perché lei sceglie proprio quel momento
per entrare nella stanza senza nulla addosso.
Insonnolita, neanche tanto sicura di dove si trova
per un momento. Si scosta i capelli dalla fronte.
Si siede sulla tazza con gli occhi chiusi,
il capo chino. Le gambe allargate. Lui la vede
dalla porta. Forse
sta ricordando cosa è successo la mattina.
Perché dopo un po’ apre un occhio e lo guarda.
E sorride dolcemente.

(Blu oltremare, Roma, minimum fax 2003. Traduzione di Riccardo Duranti)