guerra in iraq

Sei anni e sei minuti

Oggi sono sei anni che Enzo Baldoni è morto. Qualche minuto fa è stata aperta la “sua” mailing list, quella attraverso cui avevamo conosciuto lui e tanti altri simpatici cazzeggiatori, arguti, intelligenti e ironici. La zonkerlist è aperta di nuovo per 24 ore e già fioccano i messaggi di ricordo. Messaggi teneri, ironici, senza zuccherosità o lacrimevolezze.
Ma lui ci rimprovererebbe, con sagace presa per il culo, il fatto che, accidenti, quel “mi manchi”, esplicito o implicito che sia, è proprio dappertutto.
Quest’anno, niente link ai suoi blog (li avete letti, vero?), ma un bel ricordo pubblicato nello scorso aprile.

Di |2010-08-26T00:06:00+02:0026 Agosto 2010|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , |0 Commenti

Quattro anni fa

Quattro anni fa, in questo periodo, erano finite le OIimpiadi. Anche quell’edizione me la sono persa quasi tutta. È difficile vedere le Olimpiadi in vacanza, anche se hai un televisore a portata di mano. Ma molto probabilmente dipende dalla scarsa passione per lo sport.
Quattro anni fa iniziavo un lavoro, e altre cose. Ed era un momento difficile. Lo è anche quello di quest’anno.
Quattro anni fa c’erano degli accordi con un editore per un romanzo che non è mai uscito. Speriamo che entro quest’anno esca un (altro) mio libro.

Sarà per tutte queste coincidenze che ricordo perfettamente, meglio degli anni passati, la giornata del 26 agosto 2004, e quelle precedenti. L’ultima cartolina che abbiamo registrato, l’ultima telefonata che gli ho fatto da casa, quando ho appreso dal blog che si era fatto male. E poi il messaggio di un’amica, l’andare su qualche sito e l’apprendere della sua morte.
Sono passati quattro anni e le truppe straniere sono ancora in Iraq, in quel casino che è l’Iraq, tuttora non è chiara la fine di Enzo Baldoni, i suoi resti non sono arrivati in Italia.

Ci provo, a sorridere, nonostante tutto, come faceva lui. Ma oggi proprio non ci riesco.

Di |2008-08-26T18:40:00+02:0026 Agosto 2008|Categorie: I Me Mine|Tag: , , |1 Commento

Tutta colpa di Ghareeb

Dalla mailing list legata a Baldoni, mi arriva la segnalazione di un’intervista fatta a Maurizio Scelli, che nel 2004, quando Enzo fu rapito e ucciso, era il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana in Iraq. Prendetevi cinque minuti e leggetela. Riporto qua sotto una delle ultime domande e la seguente risposta di Scelli.

Recentemente il quotidiano arabo Al Haiat, ha pubblicato la foto di Saad Erebi al Ubaidy, a capo nell’agosto del 2004 dell’Esercito Islamico che attuò e rivendicò, l’assassinio di Baldoni, seduto accanto al comandante delle Forze Usa in Iraq, il generale David Petraeus e il vice premier iracheno Bahram Saleh. Ci sono gli estremi per aprire un’inchiesta?

Dubito molto che in Iraq, oggi come oggi si possano fare delle inchieste volte ad accertare chi abbia realmente rapito e ucciso Enzo Baldoni e il suo autista Ghareeb, del quale fece molto male a fidarsi e credo che ne sia il principale responsabile al punto da essere stato eliminato in quanto testimone scomodo.

Capito? Scelli mette l’ennesima pietra sopra al caso Baldoni. Evita la domanda, più che legittima, e chiosa con un goffo tentativo, dando la colpa all’autista di Enzo. Fatemi capire: Ghareeb consegna Enzo a qualcuno (qualcuno che poi è stato visto con gli americani, ma nel casino dell’Iraq odierno non solo tutto è possibile, ma tutto pare naturale). E poi viene eliminato in quanto testimone scomodo di una cosa che ha fatto lui stesso?

Ancora una volta, dopo tre anni e mezzo, sono triste e senza parole.

3%

Ho appena finito di vedere il servizio di Rai News 24 su quello che è accaduto a Falluja, Iraq, negli ultimi mesi.
La frase del servizio che mi ha più colpito è stata quella che si riferiva ai filmati della guerra del Vietnam: solo il tre per cento del materiale video proveniente dal Vietnam aveva contenuti violenti, ma (anche) questo è servito a scatenare la protesta contro la guerra.

Per questo pubblico qui diversi link, che hanno a che fare con quello che io, nel mio minuscolo, e altri hanno fatto per documentare quello che è successo a Falluja e in Iraq e che sta presumibilmente accadendo ancora. Una piccola parte del materiale disponibile in rete. Il 3%?
Solo l’ultimo link riguarda il servizio andato in onda qualche giorno fa.

Leggete e guardate tutto con attenzione, per quanto immagini e parole siano insostenibili. Poi vi chiedo un favore: copiate questo post, o solo i link in esso contenuti, magari aggiungendone degli altri, sul vostro blog. Oppure usate la mail, o qualsiasi altro mezzo che il 2005 ci offre, trent’anni dopo il Vietnam.
Si dice sempre che siamo in pochissimi, “noi blogger”, e forse è vero. Siamo “un” 3%? Si dice anche che siamo bravissimi a fare catene sui libri che leggiamo o i dischi che ascoltiamo. Adesso facciamo una catena diversa, se vi va.

Enzo Baldoni parla di Falluja (RealMedia)
Enzo Baldoni racconta di Falluja
(agosto 2004)

Giuliana Sgrena: Falluja, una strage al giorno
(settembre 2004)

Falluja: ieri e oggi
(novembre 2004, periodo del primo probabile attacco con MK-77)
Il video linkato nell’articolo si riferisce ad un attacco dell’aprile 2003: scaricatelo qua (tasto destro, salva con nome)

Rapporto da Falluja 1 e 2
(gennaio 2005)

Napalm by any other name
(aprile 2005)

Il servizio di RaiNews24
(novembre 2005)

Minestrone cosmico

Era l’estate del 2003, l’estate dopo la mia laurea, quando ho aperto questo blog. Il giorno di Ferragosto. Non sapevo cosa avrebbe portato, quali conoscenze, opportunità, scazzi. Non sapevo neanche dove sarei andato a finire, se a Roma, a Milano, altrove.
Era l’estate dell’anno scorso quando ho iniziato a lavorare, un lavoro vero con orari e busta paga, responsabilità e compromessi, frustrazioni e tutto il resto. L’estate dell’anno scorso, quella che ricorderò sempre. Di solito le estati si ricordano per le vacanze, no? Invece di vacanze non ne feci, o quasi. Ma ero contento, stanco. E uno dei momenti più belli era sentire Enzo al telefono per i suoi servizi che avevamo chiamato “Cartoline da Baghdad”.

Un anno fa tornai di corsa a Bologna, Enzo era scomparso. La pila dei giornali sulle ginocchia, la diretta con la radio sperando che la linea non cadesse e che la batteria del mio cellulare non facesse scherzi. In mezzo a qualcosa che sentivo enorme e schiacciante, senza poter reagire umanamente a quello che succedeva, senza la possibilità di abbandonarsi, se non paradossalmente alle parole di Enzo stesso.
Una sera dell’estate dell’anno scorso ho provato a staccare, ad uscire a bere qualcosa.
Tornato a casa ho ricevuto un messaggio.
Poi sono andato su Internet.
E ho avuto la conferma al telefono da Pino Scaccia, ricordo solo qualcosa come “Sì, Francesco, è vero.”

Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch’io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo.

Impossibile che io mi dimentichi di Enzo, da quando l’ho conosciuto è sempre stato presente, in qualche modo. L’ho scritto anche in queste pagine, un anno fa, ma è nulla in confronto a quello che sento e porto dentro ogni giorno. Leggendo “Piombo e tenerezza” non riuscivo a pensare che non ci fosse più, e ho continuato, durante tutto il viaggio Roma-Bologna, a rileggere le sue mail, quelle della lista EnzoB e quelle che mi ha mandato personalmente.
Il nostro rapporto è stato fatto di parole, come tante delle relazioni che ha creato, e che ho creato anche io, anche grazie a questo blog che ha appena compiuto due anni.

(Continuerò a rileggerti e a riascoltarti, come si fa con i grandi scrittori e le persone a cui si è voluto bene.)

Bloghdad
KubaKuba
Ribelli
Ribelli2
Cartoline da Baghdad
Piombo e tenerezza
Una medaglia per Enzo

Miopia

Vado a fare una visita oculistica. Il dottore, greco, è molto cordiale. Fa una rapida anamnesi, poi mi chiede che cosa faccio nella vita. Quando viene a sapere che lavoro in radio, dice una battuta semiseria sui giornalisti, qualcosa come “sono tutti al soldo di qualcuno”. Io, di contro, esalto le magnifiche sorti e progressive dell’informazione indipendente e continuiamo a chiacchierare, tra un esame e l’altro.
“Francesco, lei è mai stato in Grecia?”
“No”, rispondo io. E mi fermo un secondo prima di aggiungere una frase fuori luogo come “però sono stato a Istanbul”.
Il dottore mi sta simpatico, esprime pensieri contro la guerra in Iraq e l’occupazione americana, dimostra un senso europeista, insomma, ci chiacchiero volentieri.
Il discorso sulla guerra in Iraq continua in uno stanzino buio. Mi fa appoggiare il mento su un affare di plastica e mi guarda letteralmente negli occhi.
“Che poi, diciamolo, non sono veramente gli americani quelli che comandano, ma, non voglio fare discorsi di razza, eh, ma insomma, sono quelli… Un popolo di strozzini.”
Deglutisco e sento qualcosa che mi sale da dentro.
“Apra bene l’occhio, Francesco”, dice il dottore. E accende una lucina.

Un omino e l'agenda-setting

Questa che vedete è una foto tuttora inedita di Enzo Baldoni, scattata nella periferia di Najaf nel pomeriggio del 19 agosto scorso. Dal 20 agosto non si avevano più notizie di Enzo. Il 24 agosto veniva trasmesso il primo e unico video in cui compariva Enzo. Il 26 agosto la televisione Al-Jazeera ne annunciava l’avvenuta esecuzione.
Si è parlato molto di Enzo nei giorni immediatamente successivi al 26 agosto. Ogni tanto se ne parla ancora. Ma le notizie si accavallano, in un gioco al quale siamo abituati e non facciamo più caso: una scaccia l’altra in un moto perpetuo al quale solo pochi riescono a sfuggire. Quindi, dopo il sequestro e la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta, e dopo il sequestro e l’uccisione di Ayad Anwar Wali (praticamente passato sotto silenzio), ci si è dimenticati di una delle tante anomalie del sequestro di Enzo e della sua fine: a differenza di altri corpi, il suo non è mai tornato in Italia. E in pochi continuano a ricordarsene.

Penso sempre di più che la cosa difficile non sia essere ben informati, ma ricordarsi, o non dimenticarsi di ciò che accade o che è accaduto.

Questi ultimi dieci giorni

Questi ultimi dieci giorni sono stati una sola, lunga, intensa e dolorosa giornata. Da quando sono stato svegliato la mattina di sabato 21 agosto con la notizia della scomparsa di Enzo, ad oggi pomeriggio, quando ho consegnato il pezzo per il numero speciale di Diario che uscirà venerdì. Ogni tanto, in questi dieci giorni, mi sono chiesto che cosa avrei fatto di questo blog, che è diventato qualcos’altro, rispetto al solito. Mi sono chiesto se avrei scritto un’altra puntata di Referrers. Un’occhiata a Shinystat mi è bastata per decidere che non era il caso. Ho pensato di dedicare questo spazio a quello che venivo a sapere su Enzo, sulla sua scomparsa e sulla sua fine: temi che mi hanno completamente occupato e invaso, in questi ultimi dieci giorni. Ma ogni volta che sono affiorati questi pensieri, così seri e definitivi, mi è venuta in mente la risata di Enzo, quella ho registrato tante volte in una delle telefonate che gli ho fatto mentre era in Iraq. Una risata sincera, a volte beffarda e scomposta, che faceva andare “in clip” la registrazione. Una risata che ho riconosciuto come familiare da subito.
Familiare. Si può sentire come familiare una persona che non hai mai visto? Sì. Mi ricordo di quando Enzo era in Colombia. Non vedevo l’ora che arrivasse una sua mail, sentivo la stessa ansia benevola di quando si aspetta il seguito di un romanzo o di un film. Perché lui le cose sapeva raccontarle, con onestà e semplicità, e senza retorica. Sapeva raccontare la vita che, si sa, è fatta di cose belle e cose brutte, paure, sesso, ansie e risate, senza soluzione di continuità. La sua risata, in quelle telefonate, irrompeva dopo una descrizione drammatica, ma non per cancellarne il peso, bensì per riportare tutto ad una dimensione umana e vitale.
L’aggettivo “umano” e le sue derivazioni e origini sono le parole che ho usato di più per descrivere Enzo, da quando facevo leggere le sue mail ai miei amici, fino a quando ho proposto il progetto di “Cartoline da Baghdad” alla radio.
Ogni volta che sono arrivati pensieri troppo seri e definitivi, sono stati accarezzati e resi mansueti dalla risata di Enzo, e mi sono reso conto che quello che mi ha fatto andare avanti in questi giorni, che mi ha fatto riascoltare ancora e ancora le sue telefonate, attentamente e senza cedere troppo alla tristezza, alla ricerca di qualcosa che mi facesse capire, quello che mi ha permesso di rispondere al telefono ripetendo sempre le stesse cose, che mi ha dato le forze per lavorare anche tutto il giorno, è stato quello che Enzo ha lasciato dentro di me.
“Mi è successo Enzo Baldoni”, scrive Daniela, conosciuta proprio grazie a Bloghdad, quando ancora sentivo Enzo tutti i giorni. E’ successo anche a me, Enzo Baldoni, e me lo tengo dentro. Per la vita di tutti i giorni, per i miei lavori, le mie passioni, per non smettere di cercare di capire veramente quello che gli è successo, per continuare a scrivere anche le mie cazzate qua.
Apparentemente, quindi, non cambia niente. Ma quando mi incontrate, guardatemi bene. Noterete una cosa: che mi è cresciuta la panza. Cose che capitano, quando ti succede di incrociare, nella vita, Enzo Baldoni.

Helen Williams

Sono riuscito a trovare Helen Williams e l’ho intervistata al telefono. La sua testimonianza è fondamentale per sapere che cosa è successo ad Enzo e Ghareeb il venti agosto scorso.
L’intervista con la mia traduzione simultanea è andata in onda su Pop Line, Radio Popolare di Milano, e verrà riproposta integralmente all’interno de La talpa spaziale, in onda dalle 1815 su Città del Capo Radio metropolitana di Bologna. Per sentirla seguite le solite istruzioni.

“Se non diremo cose che a qualcuno spiaceranno, non diremo mai la verità”

Update: potete sentire l’intervista alla Williams, sia estesa in originale, che ridotta e tradotta.

"Cose piccole e piccoli sentimenti"

Oggi ho avuto un crollo, ben mascherato dal mutismo, in redazione.
Appena avuta la notizia del rapimento sono schizzato via da casa, proprio mentre rispondevo a delle mail, scrivendo che dopo quattro giorni di delirio questo era il primo pomeriggio tranquillo (avrei dovuto dire “una tensione stabile”). Sono arrivato in radio, ho cercato Scaccia. Le solite domande. “Hai qualcosa da dirmi? Quali sono le reazioni là?”. Pino si è dimostrato, ancora una volta, una persona splendida. “Francesco, che ti devo dire? Troppo presto perché ti possa dire qualcosa. E poi, che reazioni? Ero io, qua, uno dei suoi amici.” Nonostante incombesse la diretta del TG2, ha trovato come sempre il modo di dirmi qualcosa e mi ha parlato un po’ del gruppo terroristico che ha rapito Enzo. Ho chiuso la telefonata, ringraziandolo (e non sarà mai abbastanza), sono andato a scrivere il pezzo. Stampato, consegnato. Poi mi sono seduto e ho visto un’altra, l’ennesima edizione di un telegiornale. Enzo è stato rapito.
Mi sono reso conto allora che, in fondo, speravo che fosse nascosto da qualche parte. Perché sono stato male, è venuta fuori tutta la tristezza e l’ansia per questa vicenda che i ritmi di lavoro serrati degli ultimi giorni avevano relegato da qualche parte, in fondo. Una tristezza che era stata sfiorata, ieri, quando ho dovuto scegliere un brano di una delle “Cartoline” che avevamo fatto, e risentire la sua voce dai file grezzi, con le risate e le battutacce in mezzo, mi aveva fatto un certo effetto. Ma ieri bisognava essere veloci, scegliere i brani, ripulirli, montarli. Oggi, no. E allora mi sono venute in mente le prime e-mail che ci siamo scambiati, sette anni fa, quando lui per me era Zio Zonker e io per lui Il Malva. Beh, veramente io sono ancora per lui “Il Malva”. In una mail, addirittura, dopo un sacco che non mi facevo sentire, mi appellava “Malva, vecchia troia!” tutto in maiuscolo.
Enzo è stato uno dei primi a leggere la mia prima raccolta di racconti. Appena l’ebbe finita mi scrisse.

Oggetto: Tempi diversi
Data: Sun, 5 Dec 1999 21:55:49 +0100
Da: egb
A: francesco

Ieri sera mi sono portato a letto “Tempi diversi”.
L’ho letto tutto d’un fiato.
Belli gli attacchi, giusti ritmi e misure, non casuale il pezzettino di Raymond Carver.
Il mio preferito e’ probabilmente “Il bagno del primo piano”, delicatissimo, vagamente surreale.
L’unico punto debole che ho trovato e’ forse strutturale alla tua generazione, che non ha avuto in genere grandi tragedie ne’ grandi epopee, e che quindi e’ costretta a parlare di cose piccole e di piccoli sentimenti. Non amo il minimalismo, e Leavitt mi fa cagare. Ma i tuoi racconti non sono, secondo me, da considerare minimalisti. Mi piace considerarli dei bei pezzi di artigianato, fatti con amore, tecnica e buona capacita’ di rifinitura.
Bravo.

Enzo

Questa è una delle mail di complimenti più belle che abbia mai avuto. E da cinque anni, lo giuro, continuo a riflettere sulla debolezza della mia generazione, “che non ha avuto in genere grandi tragedie né grandi epopee”.

Ho scritto un romanzo, Enzo. E voglio fartelo leggere. Quindi, vedi di tornare presto.

La tua vecchia troia, il Malva

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