Fufanu – Few More Days To Go (One Little Indian)
6,5
Prima si chiamavano Captain Fufanu e facevano techno. Poi gli islandesi Hrafnkell Flóki Kaktus Einarsson e Guðlaugur Halldór Einarsson, meglio noti come Kaktus e Gulli, hanno lasciato da parte il Captain e le drum machine e nel 2014 si sono chiusi in studio a ripassare la musica più scura di fine anni Settanta e primi anni Ottanta, tra gothic rock, post-punk, new wave e industrial. E così i due hanno sfornato, tra lo scorso gennaio e oggi, una dozzina di canzoni che hanno trovato posto in un ep uscito quest’estate, un paio di singoli e, ovviamente, questo esordio: un album non male, intendiamoci, ma che soffre di alcuni difetti.
Da un lato, la monotonia e la lunghezza di pezzi (come l’apertura “Now”) che improvvise aperture armoniche e dinamiche non sempre riescono a salvare: meglio i brani più brevi, come “Your Collection” e “Blinking”, in cui si flirta apertamente con i Sonic Youth, o la movimentata “Plastic People”, che crea interessanti dissonanze tra chitarra, synth e voce. Dall’altro l’eccessivo legame con una serie di riferimenti, dai Joy Division ai Bauhaus, dai Killing Joke a Gary Numan, che porta spesso l’ascoltatore a inevitabili déjà-vu. Peccato, perché se ci fossero state in fase di composizione, arrangiamento e editing “a few more ideas”, per parafrasare il titolo del disco, l’esordio dei Fufanu ne avrebbe sicuramente giovato.
Recensione pubblicata originariamente sul numero di novembre 2015 de Il Mucchio Selvaggio
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