Sangue

Venerdì mattina sono andato a fare le analisi del sangue, per la prima volta da quando sono a Bologna. Mi sono messo seduto in un corridoio, con altra gente, come me a digiuno. Una voce da un altoparlante chiamava le persone per l’accettazione, per nome e cognome. Quando è arrivato il mio turno sono entrato e mi sono messo di fronte ad un tipo seduto dietro ad una scrivania, che ha preso le mie carte e ha iniziato ad inserire i miei dati nel computer. Poco dopo è entrato nella stanza, senza bussare, un uomo che credo fosse pachistano
– Io otto e cinquanta, ma macchina rotta. Posso lo stesso?
L’uomo dietro la scrivania guarda l’ora.
– Sono le nove e cinquanta.
– Rotta macchina – ripete l’altro.
– La chiamiamo dopo – dice l’uomo, e gli fa segno di uscire. Poi si rivolge a me. – Ne hanno sempre una. Sono sempre in ritardo.
Tento di non reagire.
– Ne hanno sempre una – ripete l’uomo, mentre estrae dei fogli da una stampante e me li porge. – Non sono mai puntuali.
– Gli ariani, invece… – dico io.
L’uomo mi guarda, per la prima volta da quando sono entrato.
– Non è mica per. È che non hanno il senso del tempo.
Mi viene in mente l’immagine del selvaggio con la sveglia al collo. Non dico niente.
– Non è razzismo – continua l’uomo. – Sono loro che…
– Quando mi mandate i risultati delle analisi? – lo interrompo.
– Tra qualche giorno – mi risponde l’uomo. Prende una penna e cancella il mio nome da un elenco.