I Am The Walrus

You only give me your money

E così adesso molte canzoni dei Beatles potranno essere usate per spot pubblicitari. La prima sarà “All You Need Is Love”, per dei pannolini astutamente chiamati Lav (aaargh). Visto che ormai ci siamo, ecco qualche suggerimento per i pubblicitari che potranno fare man bassa del catalogo di Lennon/McCartney.

– “Come Together”: ottima per preservativi ritardanti per lui, stimolanti per lei;
– “Fixing a Hole”: come sottofondo per un silicone sigillante qualsiasi;
– “Tomorrow Never Knows”: va benissimo per un gruppo assicurativo (e qualcuno si è già preso “Here Comes the Sun”);
– “Mean Mr Mustard”: un bell’accompagnamento umoristico allo spot di una senape;
– “Strawberry Fields Forever”: confetture alla frutta;
– “Honey Pie”: soave musica per reclamizzare un lievito per dolci;
– “Drive My Car”: sembra fatta apposta per un commercial di una sprintosa piccola utilitaria destinata ai giovani;
– “The Word”: prima o poi il pacchetto Office-Vista uscirà? O è già uscito?
– “Eight Days a Week”: superassorbenti per cicli parossistici.

Tutto, basta che Berlusconi non si prenda “Taxman”. Ma forse no, visto che è di George Harrison.

(and my guitar gently weeps…)

La Cina è vicina (e gratta insieme a noi)

Qualche giorno fa ho sognato di essere a Pechino. Per strada una marea di gente stava intorno ai televisori esposti nei negozi di elettronica, accesi sui Giochi Olimpici. Un po’ alla volta tutti hanno iniziato a battere le mani a ritmo, come per sostenere gli atleti in gara, sempre più forte, sempre più forte.
Mi sono svegliato, ma il rumore è rimasto.
Erano i muratori che grattavano la facciata del palazzo.

Considerando che siamo vicino a Natale e non ho i soldi per fare i regali, che numeri mi gioco?

E. R. – Medici in prima linea (dove E. R. sta per Emilia-Romagna)

E ad un certo punto mi sono detto: “Ho bisogno di un check-up, devo fare il tagliando, insomma. La situazione economica non è delle migliori, ma, hey!, vivo in un paese che ha ancora la sanità pubblica”, e ho prenotato una serie di visite mediche, analisi, eccetera.
Non starò qui a raccontarvi tutto: mi limiterò alla parte più saliente, coraggiosa e – teoricamente – più vantaggiosa dal punto di vista economico del farsi una serie di controlli all’ASL. Quella che riguarda i miei denti, il loro controllo e manutenzione.
Alla metà di settembre prenoto le varie visite. La prima visita odontoiatrica è il 5 ottobre scorso. Durata della visita: cinque minuti netti. Costo: 18 euro.
Il dentista è un uomo enorme, dall’aria incazzata. Insomma, uno che non vedete l’ora vi infili degli strumenti affilati in bocca. Mi chiede che ci faccia lì, come lo si domanderebbe ad una suora in un night club. Gli rispondo che – incredibile! – sono lì perché vorrei sapere se la mia dentatura è a posto, denti del giudizio compresi, e per fare l’igiene. Solo che lui non capisce quello che dico, perché ha le mani nella mia bocca. (Questa è una caratteristica dei dentisti: perché si ostinano a fare conversazione quando la tua bocca sembra un portapenne? Perché non amano essere contraddetti?)
Il dentista toglie le mani dalla mia bocca e mi prescrive una radiografia. Vado su e giù tra ambulatori e CUP, pago, prenoto, torno su, mi fissa un’altra visita.
Secondo appuntamento: la radiografia, il 21 novembre. Costo: 25 euro.
Terzo appuntamento: ritiro delle lastre, o meglio, del cd con la radiografia, il 29 novembre.
Quarto appuntamento: la seconda visita odontoiatrica, il 30 novembre.
Il dentista è sempre lo stesso, ma deve avere avuto un mese difficile, perché è ancora più incazzato. E anche le sue mani sono diventate più grandi. Gli consegno il dischetto con la radiografia, e intanto mi fa sedere. Non appena prendo posto sulla poltrona, appoggiando i piedi su un cestino pieno di rifiuti medici, parte una sequela di bestemmie, imprecazioni e parolacce. Il dottore non riesce a leggere il contenuto del cd e la cosa lo fa imbestialire. Se la prende con tutti, da Dio al Ministro della Sanità.
Con quello stato d’animo pensa bene di rilassarsi facendomi la pulizia dei denti, con la grazia con cui un muratore bulgaro con la gastrite asfalterebbe il vialetto d’accesso della villa del padrone che lo sfrutta.
In cinque minuti d’orologio ha finito, e torna all’attacco del cd, chiedendo rinforzi. Arriva un collega e con due clic le mie arcate dentarie compaiono sullo schermo del computer del dottore. Mi siedo di fronte a lui, e inizia a scuotere la testa.
– Eh, – dice sospirando – lei deve rivolgersi ad un chirurgo maxillo-facciale.
Io sbianco, i miei denti anche.
– Vede? – continua il medico. – Le radici dei denti del giudizio pescano nel canale mandibolare, dove c’è il nervo. Se io vado ad operare, rischio di fare un danno. E se si arriva ad una lesione di quel nervo, lei rischia di avere la faccia storta tutta la vita. E lei non vuole avere la faccia storta tutta la vita, vero?
Non rispondo neanche. Ma, in un momento di silenzio, mormoro: – Comunque a me i denti del giudizio non danno alcun fastidio.
Il dottore spalanca la bocca. Evito di fare a lui quello che lui ha fatto a me. Poi dice: – Ah, ma davvero? Mo soccia, poteva dirlo prima! Allora tenga mo’ questo dischetto, se poi fa male, ne riparliamo.
Durata totale della visita (imprecazioni, problemi informatici, tutto incluso): quindici minuti. Costo: 19 euro.

Per risparmiare, ho risparmiato, non c’è dubbio. Il check-up continua, tra due settimane, con una visita oculistica. L’ultima volta trovai un oculista greco con tendenze antisemite. Chissà cosa mi riserva la prossima puntata.

Thumb Tech

Ricordate la drammatica giornata di lunedì, che si è conclusa con l’immagine dell’icona universalmente nota come “iPod triste”? Bene, ci sono sviluppi. Positivi, grazie al cielo.

Giovedì tornavo dal concerto dei Rosolina Mar al Locomotiv Club e raccontavo le mie disavventure tecnologiche alle persone con me. Ad un certo punto se ne viene fuori Matteo, collega radiofonico e bassista dei Discodrive, e con l’aria di chi la sa lunga, esordisce dicendo: “Tranquillo. Ad un certo punto, mentre ascoltavi una canzone sull’iPod ti si interrompeva e ti si bloccava tutto e dovevi riavviarlo? E ad un certo punto questa cosa non ha funzionato più, è apparsa l’icona universalmente nota come ‘iPod triste’, e l’iPod non si vedeva su iTunes, non partiva, non si vedeva sul pc, non si ricaricava, insomma, pareva defunto?”
Io ho risposto “Sì” a tutte le domande.
“Quello che devi fare” ha continuato Matteo “è premerlo forte.”
“Eh?”
“Davvero. Premilo forte tra la rotella e lo schermo: sentirai una specie di vuoto. Vedrai che tutto torna a posto.”

Sono arrivato a casa, quella sera, scettico. Ho guardato l’iPod, l’ho messo sulla scrivania e ho premuto per qualche secondo qua:

ed è ripartito. Trattasi (lo dico per i precisini) di un iPod Photo da 20Gb fuori garanzia.
Non ci potevo credere. Capito? Il fichissimo iPod, oh, che design meraviglioso, quanto know-how tecnologico… E poi funziona né più né meno del mitico juke box di Happy Days, quello che Fonzie faceva partire con una botta sul lato.

Diffondete questo sapere. Farà risparmiare soldi e preoccupazioni a tanti.

Strangers in a strange land

Affrontiamo oggi un argomento scottante, ma che in questo periodo di saldi è quanto mai di attualità. Sto parlando dell’accompagnare una donna a fare shopping. Il contesto è uno di quelli in cui le parificazioni tra i sessi non contano nulla: in un negozio di abbigliamento femminile (che venda scarpe, intimo o burqa) l’uomo e la donna stanno su due piani radicalmente e indissolubilmente differenti. Alla donna interessa quello che sta facendo, all’uomo no.

Nei negozi di intimo si possono creare situazioni spiacevoli, che non accadono, per dire, nelle corsie riservate all’intimo di un grande magazzino. Caratteristiche del negozio di biancheria intima sono la sua peculiare dimensione, visto che di solito è grande come uno sgabuzzino, e il fatto che – incredibile – la maggior parte della clientela è di sesso femminile ed è lì per comprare biancheria intima. Fino a che l’uomo sta vicino alla donna può consigliarla, con estrema malizia, facendo battute sconce, cercando di non indicare reggiseni sovradimensionati rispetto al petto della partner. Ma soprattutto gli uomini possono perdersi negli sguardi delle modelle delle gigantografie, modelle che di solito vestono sì e no con 12 grammi di acrilico in tutto. Se si guarda intorno, l’uomo inevitabilmente verrà accusato di fare confronti con altre donne presenti nel negozio. Il che, beninteso, è assolutamente vero: d’altro canto, in un contesto del genere, è difficile non fantasticare su sconosciute in biancheria intima. Basta spostare i reggiseni dalle loro mani che soppesano elastici e controllano coppe, alla loro naturale posizione, ben visibile, peraltro, in questa stagione.
Il dramma avviene quando la donna, contenta delle sue scelte, va a provare la biancheria. L’uomo, in quel momento, è solo, e sbaglia comunque, qualsiasi cosa faccia. Se rimane immobile, ecco che tutte pensano che sia un feticista del pizzo. Se si guarda intorno, palpando la merce, questo pensiero si fa certezza. Non può neanche cercare complicità negli altri uomini, a differenza di quanto accade in altri negozi. Se accompagnati, gli altri uomini saranno presi da una giustificata gelosia, visto che l’uomo in questione, come loro stessi hanno fatto, starà fantasticando sulle donne presenti nel negozio vestite solo di autoreggenti e baby doll. Se soli, potranno scambiare lo sguardo-da-richiesta-d’aiuto come una perversa forma di rimorchio omosessuale decontestualizzato. Disperato, l’uomo tenta di avvicinarsi ai camerini, per sollecitare la donna a muoversi, ma non appena si avvicina alle cabine, viene cacciato di malomodo nel negozio, ponendo fine ai suoi problemi.

Nei negozi di abbigliamento la situazione è meno drammatica. Sono più grandi, è più facile passare inosservati, e soprattutto si viene a ricreare quella ancestrale forma di solidarietà maschile che anni di progressismo hanno tentato di cancellare, senza risultati. Come in uno spogliatoio, in un bar o in una trincea, nei negozi di abbigliamento femminile gli uomini fanno subito amicizia. Seguendo istinti di sopravvivenza si attaccano l’uno all’altro, trovano sicurezza in individui simili a loro che seguono passo passo donne che li usano come attaccapanni, e li riempiono di borse, sciarpine, foulard, gonne e camicette. Nei negozi di abbigliamento si sentono cori maschili che intonano parole come “Ti sta benissimo”, con voce priva di tremori, perché sanno che un’incertezza nel giudizio richiesto può costare cara. Nelle corsie ricolme di top, uomini di tutte le età si guardano e si dicono silenziosamente “E che dobbiamo fare”, guardano furtivamente l’orologio, si muovono come le oche di Lorenz dietro a donne in vena d’acquisti senza fare domande, senza fiatare, sopprimendo ogni dissenso, zitti e mosca.

Gli uomini che accompagnano le donne nei negozi di abbigliamento, umiliati, ridotti a reggiabiti e a dispensatori di complimenti, soffrono. Ma resistono come soldati, spinti da un’unica speranza: che almeno quella sera, poi, si riesca a trombare.

Note psichiatriche

L’industria musicale e i suoi esponenti maggiori stanno agonizzando, andando verso la pazzia più completa. Due esempi per dimostrarlo.

Antonello Venditti: basta rubare i titoli delle mie canzoni. Il popolare cantore romano si è lamentato, qualche giorno fa, che alcuni suoi titoli erano sfruttati senza che lui ricevesse i diritti per “Buona domenica”, “Notte prima degli esami”, “Ricordati di me”. (ANSA, che scrive nell’agenzia “Ricordati di te“)
Si apriranno presto i processi che vedono coinvolto Paolo Conte contro il cielo (“Azzurro”), l’Unione Dolciaria Italiana (“Gelato al limon”) e la FIAT (“La topolino amaranto”), l’atteso match di Pieroa Pelùa contro Capitan Uncino (“Pirata”) contro Edoardo Bennato contro Collodi contro Walt Disney contro le rappresentanze sindacali dei sorci.

OLGA costretto a chiudere. L’Online Guitar Archive, un enorme sito in cui sono archiviati testi e accordi di milioni di canzoni, ha chiuso per la pressione delle case discografiche, che accusano i webmaster di violazione di diritto d’autore.
Nello stesso giorno Alberto Scafagna, un pensionato di Velletri, è stato arrestato per avere fischiettato una canzone di Mina senza avere pagato la SIAE. A nulla è valsa la difesa dello Scafagna, che, sotto suggerimento del suo avvocato, si è dichiarato stonato pur di sfuggire alla morsa della giustizia.

E vaffanculo: ecco una serie di siti interessanti, se non li conoscete:
Mp3Maniaco
Regnyouth Archives
Mp33pm
Tanto, in questo mondo di ladri… Ops. Vado a dare qualche centesimo ad Antonello.

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