I Am The Walrus

Ricicla, sarai più fortunato

Qualche giorno fa, nella busta che contiene la mia bolletta del gas, ho trovato qualcosa di insolito. Oltre ai consueti documenti con il riassunto dei consumi e il totale da pagare è spuntato un foglio verde con un quadrifoglio. Su ogni foglia una parola: “Ecologico”, “Facile”, “Veloce”, “Comodo”. In alto una scritta: “Ricevere la bolletta via mail? Una bella fortuna”. Il retro del foglio spiega il perché ricevere la bolletta via mail sia, appunto, ecologico, facile, veloce e comodo. Anzi, nell’ordine il primo aggettivo è “facile”: il Gruppo Hera ha una pagina on line su cui ci si può registrare (facilmente, appunto) per avere meno carta in giro, bollette sempre disponibili (la magica formula “con un clic” è usata anche qua), senza rischi di perderle in casa o in qualche ufficio postale.
Sono andato sul sito. Ho provato a registrarmi da due browser diversi, più di una volta: niente. Ho capito quindi il perché della scritta: “Ricevere la bolletta via mail? Una bella fortuna”.
Poi ho guardato meglio nella busta della bolletta e ho trovato un altro foglio identico a quello verde, con quadrifoglio,spiegazioni, indirizzo del sito di Hera. Ho pensato a quanti utenti abbia Hera e a quanta carta abbia sprecato, mettendo due fogli identici in ogni busta, ma anche inviandone due solo a un quarto dei clienti: il tutto per risparmiare carta. Ho preso i fogli e li ho messi nel sacchetto che poi porterò, insieme all’altra carta raccolta, alla campana del riciclaggio. E mi sono registrato al servizio di bolletta via mail per telefono.

Di |2011-11-28T08:00:55+01:0028 Novembre 2011|Categorie: I Am The Walrus|Tag: , , , , |0 Commenti

Weblog, o come dicevan tutti: blog

I blog sono decisamente fuori moda: sempre meno letti e commentati sono, probabilmente, una forma morente di comunicazione in rete.
Quindi c’è in voi un pizzico di necrofilia.
Un tempo, però, i blog andavano molto e, in un tempo ancora anteriore, erano dei diari di navigazione (in rete): web-log, appunto. Ecco dove voglio tornare, almeno per questo post, per segnalarvi un paio di cosine, scoperte tra un sito e l’altro, che sono nate da poco.
La prima è YouProust, che in realtà è un tumblr; il mezzo è comunque subordinato allo scopo, che è quello di creare un esperimento di condivisione in rete delle memorie involontarie: gli utenti mandano via mail una foto o un video accompagnato da un breve testo e il tutto viene pubblicato, con cadenza giornaliera. Insomma, come si dice nel sottotitolo: Share your madeleines.
Anche la seconda è un tumblr, che è il modo che ha scelto Roberto per raccontare cosa vuol dire aprire uno studio di registrazione musicale in Italia oggi: il tumblr (e lo studio) si chiamano Lo studio spaziale.
E poi c’è Una vera dieta, che in realtà non è un blog, ma un vlog, cioè un video blog (e già questa spiegazione è così anni 2000…). Vera, con un video al giorno, racconta con estrema ironia cosa vuol dire affrontare un cammino arduo, quello di una dieta. Vi sembra una stupidaggine? No, perché Vera spiega bene le sue ragioni sin dal primo video, che trovate qua sotto.
Insomma, i blog sono morti, viva i blog.
[youtube=http://youtu.be/rkmq0i9rgxw]

San Coupon

 Come molti, sono anche io iscritto a quei servizi di offerte commerciali via mail che permettono (tramite coupon) di avere sconti su una gamma ormai vastissima di beni e servizi. Dalla pulizia della caldaia al PAP test, dalla cena alla tuta da ginnastica, tutto è in offerta. Chiaramente spesso ci sono anche delle offerte di viaggi, in una forma che mescola il “last minute” alla gita fuori porta, ecco. Come il “soggiorno di coppia di due notti con colazione e ingresso al museo delle cere di S. Giovanni Rotondo”.
L’offerta per questo imperdibile fine settimana (accidenti, non sfruttabile durante le vacanze di Natale…) mi è arrivata qualche giorno fa: la prima cosa che mi ha colpito è stata l’apprendere che a S. Giovanni Rotondo esiste anche un museo delle cere, come se l’orrore diffuso in quel paesino non fosse sufficiente. Guardando però in maniera più approfondita il comunicato ho notato l’astuta strategia che la ditta G. ha escogitato per acchiappare tutto il pubblico possibile e tentare di interessarlo a questa due giorni: un colpo al cerchio (il credente) e un colpo alla botte (il non credente), il tutto mischiato con lessico da viaggio, con risultati comici che, se fossero volontari, mi farebbero pensare al talento sprecato dello schiavo (o schiava) che verga probabilmente per pochissimi euro questi testi. Eccone due estratti.

In posti dall’anima sacra, come a San Giovanni Rotondo, al tradizionale bagaglio a mano si aggiunge quel bagaglio interiore fatto di richieste, preghiere e speranze da realizzare.

La prossima volta che volo con una compagnia low cost dovrò dimenticarmi tutto: sai mai che scoprano che ho un bagaglio interiore pesante… Ma andiamo avanti, perché qua c’è il vero genio.

I motivi spirituali per cui si va in visita nella città di Padre Pio sono tanti, ma a questi si aggiunge di certo un po’ di sana curiosità e la voglia di sapere di più di quei fenomeni collettivi che colpiscono da sempre l’immaginario della gente.

Della serie: non te ne frega una mazza di Padre Pio? Ma vieni lo stesso a vedere questi pazzi fanatici allo stato brado, fotografali, toccali e, se hai coraggio (o un bagaglio interiore rilevante) parla con loro. Un approccio “mondo movie” a un luogo di pellegrinaggio è, forse, l’unico possibile. Tant’è che questo geniale paragrafo mi avrebbe quasi convinto a prenotare il viaggio, armato di cinepresa e cappello da safari, se solo ci fosse stato nel pacchetto (oltre al pernottamento, il cocktail di benvenuto e i due biglietti per il museo) una bella scorta di Maalox.

L'ennui della Canalis

Supponiamo, care lettrici e cari lettori, che George Clooney sia omosessuale. Supponiamo, quindi, che la storia con Elisabetta Canalis fosse una copertura ritenuta necessaria (mah) per preservare l’immagine mascolina di Clooney e che la fine della suddetta storia supporti la maschialità dell’attore, che deve per forza cambiare una donna ogni tot.
Supponiamo che Clooney abbia un sacco di soldi e che quindi abbia ricompensato la Canalis con vitto e alloggio fino a che sono stati “insieme”. E, probabilmente, con dei soldi per le piccole spese. Tipo buste con dentro contante a sufficienza per comprarsi un’isola greca. Anche due, mi sa, coi tempi che corrono. E supponiamo anche che la Canalis non se li sia sputtanati proprio tutti, questi soldi, che si sia accontentata di una sola isola, e/o che Clooney continui a darle qualche centone ogni tanto. Un vitalizio.

Che fa quindi la Canalis, senza avere pensieri economici e priva del pesante fardello, costituito da presenzialismi, tappeti rossi e cene di gala, che grava ora sulla nuova compagna di Clooney?
Elisabetta Canalis si annoia a morte. Gioca alla Wii, va a fare footing, fa i pigiama party con le sue amiche, va al cinema (ma si scoccia).
Il problema è che non la guarda nessuno: prima era sempre sotto le luci della ribalta. “Ma anche quando ho smesso di fare la velina, mica le cose andavano male…”, pensa lei. Insomma, sta sinceramente per deprimersi, ma arriva una telefonata mentre sistema i suoi armadi delle mutande. La sua agente le offre di partecipare alla versione USA di “Ballando sotto le stelle”.
Lei non perde l’occasione e, già che c’è, mostra-e-non-mostra le tette, anche in un’altra trasmissione.
Viene eliminata dallo show, è vero, la sua agente le lascia un messaggio criptico (“U R hopeless”), e su quelle due misteriose lettere lei pensa di potere imbastire una storia alla Lost; è proprio nel mezzo della scrittura dei titoli di testa dell’episodio pilota quando un servizio alla televisione la menziona per cinque secondi. Nonostante il titolo odiosamente fazioso del servizio (“Quante se n’è fatte George!”), si rende conto che, in fondo, la gente è tornata a guardarla. È bastato passare qualche serata a ballare male seminuda in tv. “Un ritorno alle origini…”, pensa lei. La Canalis ha quindi un’idea geniale: fare intravedere le tette, sempre e comunque. FIschietta, ricordando il detto popolare “Capello che vince non si cambia”, e prepara il suo piano, mentre disdice con un sms l’appuntamento con la parrucchiera.

La mattina successiva va dal benzinaio come ci andreste tutte, mie care lettrici, indossando solo una canottierina e i pantaloni della tuta. Scende dalla macchina, dice “Rifornimento, KITT!”, non accade niente. Allora comprende appieno l’espressione “self service”, e l’accetta, nonostante le faccia tanto villaggio vacanze di quarta categoria. Osservate le foto: il perenne sguardo smarrito di fronte ai temibili marchingegni della stazione di servizio è dovuto all’effettiva difficoltà che la Canalis prova nell’azionamento degli stessi. L’espressione circospetta, invece, non deriva dall’ipotesi che stia rubando del carburante, bensì dall’idea che si possa manifestare da un momento all’altro David Hasselhoff, peraltro eventuale ottimo compagno di bevute da carriera-in-declino. In ogni caso, sebbene Michael Knight non si palesi, la missione è compiuta.
Il giorno dopo decide di aumentare la posta ed entra in un piccolo emporio per comprare un pacchetto di gomme da masticare, non prima di avere cambiato i pantaloni della tuta per degli shorts inguinali. Sfortunatamente quel giorno la macchina fotografica del paparazzo (Gavino Canalis, un puro caso di omonimia: LA è grande, eh) ha le batterie scariche e l’unico a vedere la Canalis in tali vesti è il proprietario del negozio, a quell’ora deserto, Desmond Callego. L’ottantaquattrenne viene trovato morto d’infarto qualche ora dopo dalla nipote, che dichiarerà alla polizia: “Prima d’oggi non avevo mai visto il nonno così felice. Per non parlare del sorriso che ha sul volto.”
Il fallimento dell'”Operazione Cingomma” non fa demordere la nostra, che decide di buttarsi su Twitter, nonostante l’increscioso incidente di qualche mese prima. Accede all’account, cancella i mille messaggi di Jennifer Aniston (che la minacciano in seicentoquindici modi diversi: ogni tanto la Aniston si ripete) e il messaggio di Iggy Pop (“I’ll kill U”, e quella U le fa pensare a un complotto sulla sua agente) e si butta come una pazza a commentare, disquisire, raccontare di sé.

Tuttavia non è soddisfatta: sente che c’è un anello mancante. “Mica quello stronzo di George l’avrà voluto indietro?” Ma la Canalis soprattutto si chiede: come fare intravedere le tette anche su Twitter?
Scopre quindi che quella finestrella sul suo cellulare non è una presa d’aria, ma l’obiettivo di una macchina fotografica incorporata nel cellulare stesso: ragazzi, l’America. E si ricorda anche che è possibile mettere su Twitter le proprio fotografie, anzi, l’ha già fatto! Come dimenticare le foto del Piccione Aldo, o quelle di lei-in-macchina-con-un’-amica? Licenzia Gavino con professionalità e cortesia,  urlandogli dietro “Tu cugino mio più non sei”, poi, presa dal rimorso, chiama papà in Italia per mostrarsi pentita dello screzio familiare. Lo squillo del telefono di casa Canalis sveglia tutti alle cinque del mattino, allarmando anche il cane: il fuso orario non è un concetto così semplice da incorporare. Passa una notte infame, ma il giorno dopo decide di andare in spiaggia, per iniziare una nuova vita sotto i riflettori del suo cellulare.
Per ora la Canalis è felice, ma poi, che succederà? Datele da fare, perché la noia è una brutta cosa.

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