I Me Mine

Otto anni, tre mesi e una settimana fa

Ieri sera, mentre cercavo di mettere a punto alcune cose su questo nuovo sito, ricordavo ciò che scrissi quando aprii il blog su Splinder. Provavo funzioni di WordPress e mi dicevo: “In quel post hai descritto proprio operazioni simili a queste: vedere diverse anteprime del blog per scegliere lo sfondo, mettere a posto la testata, pensare alle categorie; e hai scritto anche delle sensazioni quasi entusiastiche nell’iniziare qualcosa di nuovo”. Le stesse leggere felicità che ho provato ieri.

Ma nel giorno di Ferragosto del 2003 scrivevo:

Dopo una giornata di tentativi, ce l’ho fatta e ho aperto anche io il mio blog personale. (…)
Sappiate che sono un fanatico della lingua italiana (l’unica lingua che sa di pizza e che suona il mandolino). Evitate abbreviazioni e “x” e “k”. Stendete le vostre parole lettera per lettera, come un bravo pizzaiolo fa di solito con la pasta. E non pensate di esagerare in quanto a sapore. Ma immagino che per qualche commento ci vorrà del tempo. Intanto vado a sproloquiare qua e là.

Buffo come pensassi di ricordarmi così bene di alcune parole quando invece avevo memoria di sensazioni.
Incredibile (e anche un po’ angosciante) come in tutto questo tempo queste parole siano appropriate per presentare anche la nuova versione di A Day in the Life.

Ricominciamo qua

A quanto pare Splinder cesserà a breve il servizio. Il caro A Day in the Life ospitato là dall’agosto 2003 si trasferirà qua, un po’ alla volta, di pari passo con i lavori di ristrutturazione, abbellimento, eccetera. Sono 900 e passa post da fare traghettare da queste parti.

Arrivate con calma, vi aspetto. Nel frattempo, come si dice, scusate il disordine.

Di |2024-05-13T15:47:35+02:0022 Novembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , |0 Commenti

Ritorno al Locomotiv

Dopo avere messo i dischi, negli ultimi mesi, al Covo e a Vicolo Bolognetti, si ritorna al Locomotiv: a prescindere dall’impegno, ci sarei tornato lo stesso, visto che domani sera per la prima volta arrivano in città (e saranno ospiti a Maps) i Pinback, una di quelle band che fanno bei dischi, piacciono, ma mica hanno sfondato. Forse sarà l’occasione per ascoltare qualche brano dall’imminente prossimo disco. In ogni caso, dopo il concerto, torno nella splendida “casetta del dj” del club di via Serlio per aprire le danze.

Orsù, siateci: ne vale la pena (per la band, sia mai).

Meglio di MacGyver

Lo smartphone che ho avuto con il nuovo abbonamento di telefonia mobile un anno e qualche mese fa mi ha spesso dato dei problemi. Anche delle gioie, eh, ma perlopiù mi ha fatto penare. Potete immaginare quando, sabato scorso prima di un’intervista, in mezzo a tremila cose in sospeso, mi sono reso conto che lo smartphone non si caricava più. Stacca, riattacca, aprilo, togli la batteria, riprova, di’ le cose al contrario, lascialo riposare, sii indifferente, sbattilo per terra, chiama un esorcista. mettilo nel forno, usa tutte le prese di corrente della casa. Niente.

Ho usato quindi un telefono di riserva e, ieri mattina, ho iniziato il lungo percorso di riparazione. Sono andato dove ho fatto l’abbonamento. Mi hanno dato l’indirizzo del centro di assistenza. Ho preso un autobus e sono arrivato al numero 4 della strada in cui c’è l’assistenza. Che è al numero 84. Ho fatto un chilometro e passa a piedi, nel mezzo del nulla e sono arrivato alla sede indicata, che sfoggiava sulla porta tutte le marche di cellulare tranne la mia.

“No”, mi ha detto il ragazzo quando è arrivato il mio turno, “noi per il tuo cellulare facciamo solo da centro di raccolta. Lo spediamo all’assistenza italiana. Poi là risolvono entro 20 giorni lavorativi. Ah, ovviamente perdi tutti i dati. Hai fatto un backup?”.

Spesso mi arrendo al destino, ma in questo caso ho voltato i tacchi, fatto più di un chilometro a piedi, perso un autobus, salito su un altro. Sono arrivato a casa, ho preso delle forbicine e ho rimesso a posto i contatti dello smartphone.
Ora funziona.
Sigla.

Di |2024-05-13T16:00:57+02:0015 Novembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , , , |0 Commenti

Empatia su larga scala

Ieri è stata una giornata faticosissima e strana. Ho lavorato in casa di mattina, ma, quando sono uscito per andare in radio, ho visto alla fermata dell’autobus una ragazzina che piangeva. Anzi, aveva finito di piangere, il viso le si era ancora un po’ decongestionato, ma gli occhi erano ancora umidi, con le lacrime che hanno traboccato in rivoletti sul viso un paio di volte.

Sull’autobus mi sono guardato intorno e ho notato, ferma a un semaforo, una signora che piangeva in macchina. Era un pianto sommesso e continuo. Si è accorta che la fissavo e ha cercato di nascondersi come poteva, ferma al posto di guida nell’abitacolo.

Infine ho incrociato un uomo che usciva dal supermercato: anche lui in lacrime, che parevano uscire dalla stanchezza e dalla frustrazione, che, a loro volta, sembrava avessero superato di gran lunga il dolore. Mi è passato davanti e, a quel punto, non mi sentivo bene neanche io.

Di |2024-05-13T17:02:16+02:0027 Ottobre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , |0 Commenti

Can’t touch this

La notizia è di qualche giorno fa: pare che Apple abbia deciso di non produrre più l’iPod classic, puntando tutto sulla tecnologia “touchscreen” o sulla minaturizzazione. Quindi: niente più iPod-per-sentire-la-musica, ma solo iPod per fare tutto o iPod dove ci stanno due o tre dischi e ciao. Ma perché?

Se c’è una cosa che amo è avere un sacco di musica con me: il mio iPod classic del 2007 ha 80 giga di memoria e mi permette di ascoltare i dischi migliori degli ultimi mesi senza dimenticare album jazz degli anni ’50 o quelle raccolte un po’ pappone che però danno tanta soddisfazione, signora mia.

E invece no. Mi toccherà, una volta defunto l’iPod che ho, spendere 400 euro per averne uno “touch” con un quarto della memoria (ma l’imprescindibile possibilità di fare filmati hd), oppure spenderne molto molto di meno per avere con me una robetta per i miei usi davvero inutile.

Quasi quasi speculo e ne compro tre o quattro, di iPod classic, prima che escano di produzione. Sai mai che un giorno…

Di |2024-05-13T20:37:35+02:0030 Settembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , |0 Commenti

Le cerchie della vita

Quassù c’è la situazione del mio profilo su Google+ dopo un mese dalla mia iscrizione. Devo dire che mi sono iscritto più per curiosità che per reale “passione”: dopo avere scritto quello che ho scritto su Facebook, volevo provare (e mettere alla prova) questo nuovo social network.

A prescindere dalle cazzate che ci sono (comunque in maniera minore che su Facebook, forse perché c’è meno gente iscritta, notava qualcuno tempo fa), sono abbastanza contento. Mi pare che la gran parte dei miei contatti non posti in maniera compulsiva, né pubblichi troppe scemenze.

La cosa che, però, mi sorprende sempre, è la quantità di persone del tutto sconosciute che mi aggiunge alle sue cerchie. Come sapete, in Google+ io posso aggiungere alle cerchie (il “diventa amico di” di Facebook) qualcuno senza che lui aggiunga me, e viceversa. Quindi i membri dell’insieme “Chi sei?” sono effettivamente delle persone che non ho conosciuto né personalmente, né per motivi di lavoro. Un controsenso, quindi, aggiungerli? No.

Perché queste persone sono quelle che, sì, non conosco e mi hanno “aggiunto”, ma:
1. scrivono in italiano;
2. non postano video di Vasco Rossi;
3. non scrivono “buongiorno” di mattino e “buonanotte” alla sera.
E, in fondo, c’è una bella soddisfazione a fare queste cernite, volta per volta. Poca roba? Embè? Sono una persona semplice.

iChurch

Sabato mattina ha aperto i battenti l’Apple Store di Bologna. Da fuori il negozio è bellissimo: tre piani in un palazzo bianco dell’800 a cinquanta metri dalle Torri. Nella notte tra venerdì e sabato si sono accampati diversi ragazzi fuori dal negozio, per entrare per primi nello Store. Perché?, vi chiederete. Me lo sono chiesto anche io. C’era uno sconto speciale, regalavano dei computer, o anche delle chiavette USB? No. Ho scoperto sabato pomeriggio che regalavano, ai primi mille, una maglietta. Una t-shirt di cotone.  Con la mela, certo.

Nello stesso pomeriggio ho pensato “Be’, andiamo a vedere com’è questo negozio: ci sarà gente, certo, ma…” C’era la fila fuori, sotto il sole, con tanto di cordoni a serpentina per ordinare le persone in attesa. Non solo: ogni gruppo di clienti che entrava veniva accolto dai commessi del negozio con una ola e “cinque alti”. Non ci credete? Ci sono i video. In un pomeriggio in cui il centro storico sperimentava la chiusura alle auto, e la città era davvero bella, il vociare della gente a passeggio veniva interrotto da urla di giubilo: “Benvenuti!” “Ooolèèè!” e via sbraitando.

La mia preoccupazione aumenta: perché accade ciò? Perché tutta questa eccitazione? Badate bene che non sono uno che non apprezza alcune cose della casa-della-mela: sto scrivendo su un iMac (uno dei migliori acquisti che abbia mai fatto) e ho un iPod. La differenza, forse, è che io uso, non credo.

Di |2024-05-13T20:57:23+02:0019 Settembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , |2 Commenti

Colpo di calore

Ieri, mentre andavo al lavoro-del-pomeriggio, sotto un sole cocente, lamentandomi per il caldo, mi sono detto, per consolarmi: “Ma quand’è, è vero, che vado in vacanza, al mare, per rinfrescarmi un po’? Quanti giorni mancano?”. Quando mi sono reso conto dell’orribile errore, mi sono pietrificato (e mi piace pensare che una goccia di sudore mi sia scivolata sulla tempia).

Freddo, vieni presto così da rendere tutto più coerente e normale.

Di |2024-05-14T17:55:09+02:0015 Settembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , , |2 Commenti
Torna in cima