Mannequin Maniac?
Negozio di abbigliamento nel centro di Bologna, notte di sabato.
Negozio di abbigliamento nel centro di Bologna, notte di sabato.
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Ora, di sfruttamento delle canzoni dei Beatles, già ne avevo parlato qui, un paio di anni fa. Ed è già successo recentemente che John sia stato “resuscitato”, ma se non altro la causa era “nobile”. Ma l’altro giorno, all’ora di cena, mi è capitato di vedere lo spot che riporto quassù.
Stavolta, cari Sean e Yoko, è troppo. E poi, la scusa che il figlio di Lennon ha usato, l’avete letta?
Se qualcuno oserà mettere “Woman” come sottofondo di una pubblicità di intimo femminile, chiamo tutti alla rivolta.
Mi hanno appena suonato al citofono. Una voce si è presentata con nome e cognome. “Vogliamo lasciare degli inviti per una conferenza sul Grande Evento”, ha detto la voce, pronunciando distintamente le maiuscole. Mi sono chiesto di che evento, o Evento, stesse parlando: le elezioni? Uno tsunami? La crisi economica? “Cioè?”, ho chiesto.
Dopo una pausa, la voce ha detto: “La morte di Gesù Cristo”. Non ho aperto. Odio i parvenu dell’informazione.
Pensavo: e se l’ordine delle cose del mondo fosse dettato davvero da un motore di ricerca, cosa succederebbe? Cosa potremmo scoprire?
Per esempio, questa sequenza di figure sono i primi risultati della ricerca immagini di Google per i versi immortali dell’epica “Trentatrè trentini” (oh, mica potevo farlo con la Genesi…).
Buon fine settimana a tutti.
Chi realmente non è razzista, non ha bisogno di usare come intercalare, in discorsi che riguardano persone che vengono da Paesi diverso dal suo, la frase “io non sono razzista”.
L’altro giorno entro in un tabacchino: aspettavo un amico che non arrivava e ho deciso di comprarmi delle gomme da masticare e ripararmi dalla pioggia. Appena varco la soglia del negozio, un cliente mi dice: “Torna subito”. Immagino si riferisca al proprietario dell’esercizio, che poco dopo fa la sua comparsa. L’uomo si presenta urlando, ma con aria divertita, ed esclama senza indugi: “A quei tre stronzi, la prossima volta, gliela faccio vedere io. Mi tiro giù le braghe, mi metto carponi, e gli faccio parcheggiare la bicicletta tra le mie chiappe.” I pochi clienti nel locale non reagiscono, ma il silenzio viene di nuovo riempito dal vocione dell’uomo, che ripete la questione. “Quanti sono? Ah, ma vedono: giù le braghe e che mi mettano la bicicletta nel solco del culo.”
Poi serve un cliente e tocca a me. Gli porgo il pacchetto di chewing gum e due euro. Mentre mi dà il resto, sollevo lo sguardo e noto, in alto sul bancone, una foto che ritrae, senza dubbio nonostante il tempo passato, il proprietario che tiene un braccio sulla spalla di un monaco tibetano (per me potrebbe essere il Dalai Lama), davanti a quello che potrebbe essere un tempio buddista. E, ancora una volta, dubito della definizione di “pace interiore”.
Se ne è parlato tanto anche su altri blog, e io, appena appresa la notizia, l’ho diffusa come potevo. In sintesi la questione è che Maurizio Costanzo è diventato direttore responsabile dei Gialli Mondadori. Una collana storica, che ha compiuto da poco 80 anni. E fin qui nulla di strano: è solo l’ennesimo caso di gerontocrazia vigente nel panorama culturale italiano.
Il punto è che nel post di presentazione ai lettori sul blog della collana, Costanzo non fa mistero di non saperne una mazza di letteratura gialla. Cioè, è scritto nero su bianco, in maniera impudica, o meglio, con una consapevolezza assoluta dell’impunità (morale, giudiziaria, politica) che vige in Italia.
E voi direte: be’, qualcuno avrà commentato negativamente questa scelta: certo, solo che come spiega Sergio Altieri in un altro post, quei commenti sono stati cancellati. E, anche in questo caso, l’ammissione è là, evidente, alla portata di tutti. Iniziamo bene, insomma: un giallo in cui il colpevole, alla prima pagina, ammette la sua responsabilità e, sotto gli occhi di tutti, riesce a farla franca.
Completamente notte adesso fuori casa mia e soltanto le sei di sera. Tutti i lampioni sono accesi. Tutte le macchine nella città oltre questa via stanno andando a casa o allontanandosi da casa, facendo il rumore che fa il traffico in lontananza. Più vicino a casa, nel giardino pubblico non illuminato, sotto un cielo che promette ghiaccio, qualcuno a noi invisibile passa in bici su uno dei sentieri, e grida a squarciagola. Ti amo. Difficile dire se è un uomo o una donna, poi nel buio grida quello che sembra un nome, lo grida nell’aria stellata sopra tutte quelle migliaia di morti antichi, e poi di nuovo le parole ti amo, e poi di nuovo il nome.
La me stessa quattordicenne guarda verso la finestra e lo faccio anch’io.
Hai sentito? diciamo all’unisono.
(Ali Smith, La prima persona, Feltrinelli, Milano, 2010, p. 113. Traduzione di Federica Aceto.)