I Am The Walrus

The Policy

Cari Sting, Andy e Stewart,

vi scrivo per comunicarvi la mia felicità per la vostra reunion. Nel mio programmino voi eravate i protagonisti di una delle mie prime monografie, e ho capito che la vostra musica è ancora amata da tanti. Cinque dischi belli e poi, basta. No, giustamente, dico, che non vi venga in mente di incidere un altro album, va bene così. Anzi: vi riunite proprio per il puro gusto di suonare, di stare su un palco a divertirvi. E così, ne sono sicuro, divertirete anche il vostro pubblico. Sì, è vero, voi guadagnate un botto di soldi, e noi ne pagheremo altrettanti, ma mica lo fate per quello, no? Se no ve ne uscivate anche con un bel dischetto… Ma, ripeto, va bene così, non fatelo, va bene così.

Mi piacerebbe essere uno del vostro pubblico, e vedere un vostro concerto, insomma, i Police dal vivo! Ehm, solo una cosa, per sicurezza. Niente strumenti barocchi a comporre nuovi arrangiamenti, eh. O cori a fare il controcanto. No, dico a Sting. Niente disco nuovo, soprattutto. L’ho già detto? Bene. Dicevo, mi piacerebbe essere uno di voi, anzi, lo sarò, però, ecco, volevo chiedervi un piccolo favore. So di parlare non solo a nome mio, ma sono io a chiedervi in prima persona di inserire gentilmente di inserire una data del tour in Italia, che poi, insomma, è anche un po’ il vostro paese, no? Sì, dico a Sting. Che ne so, tra il 19 settembre e il 10 ottobre non siete pienissimi di concerti, magari, una tappa… Ah, che non vi salti in testa di chiamare uno qualunque dei vostri amici musicisti qui in Italia, nessuno. Sul palco, intendo. Sul palco a suonare. Con voi. Solo voi tre, belli, così, uno davanti, non troppo, non troppo, due dietro, ecco.
No, vi chiedo questa cosa della data per un motivo personale. Non vorrei trovarmi un giorno, anziano, a raccontare ad un mio nipote (?), le mie gesta di giovine. E a dire con voce tremante: “Sai, ho preso addirittura la Ryan Air e, zac, come un lampo sono andato a vedere i Police a Birmingham, e poi sono tornato…” Già vedo il mio scarso uditorio scomparire davanti a me, grazie al teletrasporto, lasciando come unica traccia nell’aria una frase: “Che palle, nonno, tu, la reunion dei Police e questa storia dei voli low-cost.”

Fate il possibile, quindi. A presto,

Francesco

P.S. Se fate “Mother” dal vivo potete chiamare Rob Zombie, a cantarla, o Trent Reznor. Ma, mi raccomando, niente disco.

Neighbooks

E così, dopo varie peripezie, ho una nuova libreria. Un evento. Non tanto per la fatica che ci è voluta per metterla insieme (nonostante il gentile pubblico richieda con tale forza nuovi episodi della Ikea Experience che sarebbe disposto a pagarmi la navetta per mandarmici, non posso fare di questo blog un continuo match tra me e il colosso svedese, ma fidatevi: ci sono andato spesso, negli ultimi tempi, anche solo per comprare delle viti mancanti), quanto perché per la prima volta dopo dieci anni ho praticamente tutti i miei libri con me.
Avendo sognato questa cosa, e avendoci smadonnato sopra a lungo, ho pensato a tante cose: a che libreria comprare, a dove metterla, ma soprattutto a come ordinare i libri.
Nel mio mondo ideale e malato, seguirei l’ordine alfabetico per autore che seguo per cd e dvd (e lo so, ridete, ridete), ma per questioni di spazio è assai poco pratico. Le mie libraie preferite mi hanno caldamente suggerito che il modo migliore per sfruttare lo spazio è raggruppare i libri per formato e, quindi, per editore. Ovviamente la sistemazione è ideale, nel senso che poi le dimensioni fisiche degli scaffali mandano a quel paese ogni proposito. Ma per un po’ ci sono riuscito, creando – come effetto collaterale – delle strane vicinanze.

Partiamo dall’alto: i libri di grande formato sono insieme. Ecco quindi che Vini d’Italia 2006 dialoga da vicino con il mio libro di storia del liceo, che è tentato alla sua destra dalla Guida per l’uomo di Men’s Health – un simpatico regalo di compleanno che di per sè è un incitamento alla violenza sessuale. Più in là ci sarebbe il Dizionario storico del lessico erotico italiano, un volume interessante, ma purtroppo la Guida non sa leggere.

Lo scaffale immediatamente sotto è dedicato all’opera quasi omnia di David Lodge e da quella omnia di Bret Easton Ellis. “Ottimo lavoro, squartatore!”

A destra di Ellis, Dick. Tranquilli, sono separati, almeno nella realtà della mia camera. Poi qualche Rizzoli, qualche Baldini e Castoldi, qualche DeLillo, Morozzi quanto basta, e un trio fantastico: Gifford, Tondelli, Bollani.

Un paio di scaffali più in giù, uno degli accostamenti di cui sono più orgoglioso: Il barone rampante, ultimo esponente di una serie di Calvino, fa cheek-to-cheek con gli Scritti corsari di Pasolini. Se ne diranno un sacco, di cose. A fianco l’unico libro di Culicchia che posseggo ascolta e – speriamo – impara. Immediatamente a destra, schierati come soldati, gli Einaudi. Martin Amis, in prima edizione, guarda gli Stile Libero e i nuovi formati della casa torinese come un anziano maggiordomo guarderebbe un b-boy. Oppure:

Gli Stile Libero son allineati
gialli e diritti come soldati.
Alla loro sinistra un vecchio inglese
freddo, crudele, eppure cortese
dice loro: “Ragazzi screanzati,
urlate parole coi pantaloni calati”

(Scusate, è che là vicino c’è Esercizi di stile di Quenau, non resisto).

Appena sotto, un altro esercito, quello dei minimum fax: sono talmente belli e fighetti che ti viene voglia di chiedere loro un drink. Sapendo, peraltro, che avrà un nome stranissimo e lo pagherai un botto.

E poi ancora i Mondadori, i classici, ma anche i tascabili, con il Seminario sulla gioventù di Busi attaccato a Sulla strada di Kerouac (accostamento del tutto involontario, ma greve). E lo scaffale degli orrori, da Dracula (in un’edizione Longanesi di cui vado fierissimo) a Stephen King. In mezzo a mostri, vampiri e licantropi, ll decamerone di Boccaccio, che si crede vittima di uno scherzo crudele, presumo.

In fondo, i fumetti: ecco, secondo me là, al piano terra, si divertono un casino. A tenere le fila, potete immaginarvi, ci sono i personaggi di Andrea Pazienza, tentatissimi di strappare le pagine degli spartiti alla loro sinistra: per evitare danni li fornirò di cartine.

Sempre sul pezzo

Il messaggino della cara A. mi ha fatto ricordare una notizia a proposito della possibilità di ricavare diamanti dalle ceneri dei defunti. Defunti che si conoscono, si spera. La notizia è di sette mesi fa. Vabbè, questo mica è un giornale.

Mi immagino una ragazza che si confida con le amiche. Mostra l’anello che le ha regalato il suo ragazzo: è enorme, le altre amiche sbalordiscono. “Che ci volete fare, Giorgio è fatto così”, dice lei civettuola, “un giorno o l’altro ve lo presento.” Al che, un’altra, mostrando un diamante su una collana: “Permettete che vi presenti Carlo.”

O anche una signora anziana, mentre prende il the con le amiche: “Il mio povero marito mi portava sempre in palmo di mano. Adesso io lo porto al polso.”

Del resto, un parente è per sempre.

Di |2007-02-06T21:11:00+01:006 Febbraio 2007|Categorie: I Am The Walrus|Tag: , , |5 Commenti

Luttazzi non gioca a dadi

Ieri prima nazionale di Barracuda 2007, il nuovo spettacolo di Daniele Luttazzi (se volete sentire un’intervista che gli ho fatto, andate qua).

Ecco l’intervista!

Ad un certo punto Luttazzi dice che il mondo va male perché Dio, ormai piegato dall’alcolismo e dalla sodomia, l’ha affidato ad un suo cugino scemo, Loris. Subito dopo si sente un prolungato rumoreggiare dalle gradinate del Paladozza, si sente una voce che protesta. Lo spettacolo si interrompe per qualche secondo, poi si vede una signora che se ne va, e lo spettacolo riprende.

Si è scoperto poi che la signora aveva un parente di nome Loris.

In una galassia lontana lontana…

Il tenutario del blog (bloglord?) ringrazia i curatori del numero di oggi del supplemento Nova del “Sole24Ore”, che hanno incluso A Day in the Life nella “galassia dei blog italiani”. Praticamente un paginone centrale senza conigliette, ma con molte lineette e centinaia di nomi di blog più o meno famosi, collegati tra loro, sparsi ovunque su due fogli. Il paginone è al centro di uno speciale chiamato “Bigblogbang”.

Ma ringrazia soprattutto il fatto che il quotidiano economico non sia un tabloid, perché ci sono dentro per un paio di centimetri appena.

Vengo in pace.

O mio Dio, un post a punti

Per evitare di parlarvi sempre di radio, che ne avrete anche le palle piene (però l’intervista con Luca Sofri, oggi, è stata piuttosto divertente), ecco alcune considerazione sparse, scritte qui con l’unico scopo di non farvi dire: “E ma però non scrive più, quel simpatico imbecille.”

  • La home page di Repubblica, in occasione della Giornata Mondiale della Lotta all’Aids, linka un simpatico video in cui Clinton (uno dei più grandi caratteristi potenziali della storia del cinema, secondo me) dialoga della malattia con un “Muppet sieropositivo”. Ovviamente non si parla di preservativo, ma, in un avviluppo metatestuale abbastanza ipocrita, si raccomanda ai genitori di parlare ai figli della malattia. Ah, già, poi si dice anche che bisogna abbracciare i sieropositivi. Clinton se la cava abbracciando un pupazzo. Bah.
  • Stasera Raf tiene un concerto in centro a Bologna, praticamente a venti metri da dove vivo. Tornando a casa l’ho visto: assomiglia in modo impressionante a Rocco Siffredi, da lontano. Queste somiglianze con le pornostar mi sconvolgono: avevo un professore di educazione fisica veramente identico a John Holmes. Di viso, sicuramente. Il resto non mi è dato di sapere, per fortuna.
  • Poco fa ho telefonato a Tony Binarelli, per motivi che scoprirete. Ho trovato un numero di telefono sul suo sito, ho chiamato, mi sono presentato, ho chiesto chi ci fosse dall’altra parte del telefono. “So’ Tony Binarelli”. Magia, ho pensato.
  • Sempre per motivi di lavoro (saprete caro, saprete tutto), ho cercato un contatto con Il Divino Otelma: il suo sito consiste solo della homepage. Non resisto: è scomparso. (Uccidetemi).

Cookies 4

Ricominciamo da dove avevamo iniziato. Esiste il corrispettivo-biscotto degli Special K? Sì. Anzi, ne esistono molti. Qualcuno, come i Grancereali del Mulino Bianco, è decisamente passato di moda, altri non hanno mai acquistato quote di mercato. Ma il vero biscotto radical-chic, spartano e hype è The Original Digestive della McVitie’s.
Nella foto vedete la confezione inglese del prodotto: in Italia la scatola che contiene il tubo di biscotti è quadrata, di cartone.
Esaminiamo prima il biscotto: ha il diametro di una betulla molto giovane, e anche lo stesso gusto. Insomma, un biscotto che, quando cade a terra, non si sbriciola: si struciola. Ruvidissimo al tatto, se non fosse così friabile lo si potrebbe usare per fare leggeri lavori di scartavetratura. Ma il Digestive è modesto e spartano: nutre come il cartone, ma probabilmente brucia meglio.
Mentre ne sgranocchiate uno, e vi sentite una via di mezzo tra un castoro e Woody Woodpecker (Picchiarello, in italiano, ma qui si parla di prodotto inglese), leggiamo insieme ciò che c’è scritto sulla confezione.
Intanto notiamo la scritta “The Original”: due parole che si trovano solo sulle Clark’s, sulle cinture “El Charro” e su qualche altro prodotto. “Ricetta originale della Gran Bretagna”, c’è scritto in bianco sul rosso, colore dominante della scatola. Immediatamente siete spinti a prendere una bustina di Twinings e a prenotare un volo per Londra. Ma non è tutto, sentite qua:

“Nel 1892 nascono con nostro grande orgoglio gli Original Digestive [è la partita tuttora in commercio: 114 anni e li dimostra tutti, nd.r.]. E la loro straordinaria ricetta, la loro unica bontà li ha fatti apprezzare nel mondo ed in particolare in Italia”

Ma certo, in Italia i Digestive vanno alla grande: provate a chiederli ad un commesso di un supermercato. Frustrato dal non trovarli, ma a rischio licenziamento a causa del contratto interinale, vi offrirà in cambio l’ubicazione esatta del Sacro Graal. Non cascateci: quel Graal non è The Original Holy Grail.

“Original McVitie’s Digestive è un biscotto con farina integrale [di betulla, n.d.r.], delizioso [de gustibus, n.d.r. ] e ricco di sapore [e vabbè, negare l’evidenza, però… n.d.r.], adatto ad ogni occasione.”

Come, per esempio, cacciare qualcuno di casa tirandogli un Digestive in un occhio: le schegge sono micidiali.

“Perfetto a colazione, da gustare con tè, caffè, latte, ti accompagna in ogni ora del giorno per uno snack insuperabile…”

Autogol di chi ha redatto il testo: mi sono immaginato in un bar, con un McDigestive in mano, mentre ordinavo un cornetto al cioccolato.

“… ogni volta che hai bisogno di recuperare un po’ di buon umore.”

Eccoci qua. Come con i Kellogg’s Special K torna il buonumore e, attenzione, è immediatamente legato ad altro: il paragrafo successivo, infatti, parla di una “gamma McVitie’s”. Girate la scatola: qual è il biscotto che viene richiamato? Ovvio: il Chocolate Digestive. E torniamo sempre al cacao, torniamo.

Ora siete tristi? Ma no, in fondo state inzuppando un biscotto digestivo in un the. Cosa ci sarà poi da digerire in un the… Ma, attenzione!

“L’espressione ‘Digestive’ originale inglese non sta a significare che il biscotto possieda caratteristiche dietetiche digestive.”

Troppo tardi, siete fregati. Per digerire i numerosi dischetti di betulla che avete appena ingurgitato, pieni di buonumore, gusto e bontà, sarete costretti a ricorrere ad una sola cosa: un Original Alka Seltzer.

Googlisms

(Non scrivo da una settimana abbondante, perché sono sempre a lavorare. Che scusa banale, eh? Il punto non è mica solo il tempo: è che quando uno fa poco altro, a parte lavorare, appunto, e prendersi l’influenza, di che deve scrivere? O di muco nasale o di cose-che-succedono-al-lavoro. Vi è andata bene.)

Poco prima della pausa pranzo di oggi: radio quasi deserta, a parte delle colleghe, con le quali scambio pareri e consigli (“Francesco, mi serve una canzone sulla banalità…” “Charmless Man dei Blur” “Bene, ma una italiana?” “Una vita da mediano di Ligabue”: in quattro battute un vortice di metatestualità, e considerando come ho riportato questi dialoghi, la banalità si espande ad ogni livello. Fermiamoci qua.) Insomma, ad un tratto suona il telefono in cabina di regia. Nessuno sta trasmettendo in quel momento: vado a rispondere. È una voce di donna.

– Pronto, salve, scusi, la chiamo per un’informazione.
– Mi dica, anche se questo è il numero della diretta.
– Ah, eh, ma c’era solo questo sul sito.
– Beh, intanto mi dica, poi magari la indirizzo a qualcuno di più specifico.
– Eh, dunque, io devo trovare Neri Marcorè, e quindi cerco il numero del suo agente, Beppe Caschetto.
– …
– È il suo agente.
– Sì, ma questa è una radio.
– Lo so – continua la signora – ma…
– Non so se abbiamo il numero di Neri Marcorè, e anche se ce l’avessi non potrei darglielo.
– Sì, ma io sto cercando il numero del suo agente, Beppe Caschetto.
– Anche se avessi quello di Beppe Caschetto…
– No, è che ho fatto una ricerca su internet e siete comparsi voi, e allora…

Seguendo questo ragionamento, presto mi arriverà una richiesta sul blog a proposito di una ragazza che fa rutti di sei minuti: se la conosco, lo so, mi innamoro. Ti aspetto. Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuurp.

The teeth are alright

Qualche giorno fa sono andato al supermercato, e, passando nella corsia dedicata ai prodotti per l’igiene ho pensato: è ora di cambiare spazzolino. Mentre mi toglievo dai denti alcune setole del vecchio spazzolino (ti si affezionano come i cani, le setole), guardavo i vari prodotti esposti, confrontando prezzi e qualità.
Innanzitutto mi sono reso conto che non c’era un singolo spazzolino che non fosse approvato da qualche associazione di dentisti: ogni confezione aveva il suo bel marchietto dietro, rassicurante, igienico, professionale.
Mi sono immaginato una scena, ambientata in un qualsiasi studio ufficiale di una qualsiasi associazione. Un dentista è seduto sulla sedia, reclinato, e un altro gli spazzola i denti per un po’. Dopo poco fa: “Approvato?” e tutti i medici dentisti intorno annuiscono, e via, un altro spazzolino.

La mia attenzione, però, è stata attirata da un prodotto della linea “kids” di una nota marca di igiene orale: uno spazzolino elettrico col manico a forma di astronave. La prima cosa che ho pensato è stato “fico!”, la seconda “speriamo che la mamma me lo compri”.
A parte gli scherzi, lo stavo per comprare (coi soldi della mamma, ovviamente), e già mi immaginavo lo spazialino che faceva bella mostra di sè nel mio bagno color verde acido, con la tenda della doccia con la sagoma dell’assassina di Psycho. E io che mi vantavo con gli amici, ognuno dei quali aveva una testina personale per provare l’ebbrezza dello spazio interdentale. E tutti i dentisti dietro che annuivano.

Poi mi sono fermato, e mi sono detto: “Ma perché? Perché noi quasi trentenni abbiamo questo gusto della cazzata, del giocattolino, del pupazziello, dell’animale di gomma, perché? Perché i miei amici, se lo comprassi, mi considererebbero sicuramente un genio dell’igiene orale? Perché stiamo dietro ai giocattoli – e simili – più di quanto lo facevamo verso il sesto anno d’età?”
Nella corsia del supermercato, in quel momento, è passato un dentista: “Ah, non mi riguarda”, ha detto. “Io l’ho approvato, poi…”

Ho lasciato quindi un pezzo di fanciullaggine appesa al suo gancetto e mi sono avviato alle casse con un serissimo spazzolino. Approvato dall’Associazione Medici Dentisti Italiani. Vorrà dire che, quando mi laverò i denti, farò il rumore della nave spaziale con la bocca.

Cookies 3

In questa terza, immancabile puntata, ci allontaniamo dal biscotto, per andare su un altro cibo da colazione. I Kellogg’s Special K.
I Kellogg’s Special K sono degli alimenti, come il vino fragolino e il Philadelphia Light, espressamente pensati per un pubblico femminile. Se un uomo li ha in casa non sono suoi, o li detiene per addolcire la sua partner, che sarà estremamente contenta, di mattina, dopo una notte d’ammore, di sgranocchiare quei cereali. Quelli, e non i Kellogg’s normali. Perché? Perché solo sugli Special K c’è scritto, in alto sulla confezione, in una posizione ad angolo che è solo falsamente discreta: “solo 1% di grassi”. Ancora più subdolo è il disegno: sulla parte frontale della scatola si intravede una silohuette di donna, con la punta della “K” che va a toccare quello che dovrebbe essere il seno. Ehm, forse no, è che sono un maniaco sessuale, scusate.
Insomma: vale la legge “mangiane a quintalate, non ingrasserai mai”. Una frase subliminale che scorre veloce nel cervello leggero del maschio, ma che colpisce come una fucilata la psiche femminile. Come se non bastasse, dietro la confezione, oltre ad essere ribadita la percentuale di grassi, viene annunciato uno splendido concorso in cui si può vincere un “weekend benessere” e, soprattutto, viene pubblicizzato il sito del prodotto.
Ovviamente dal sito si può accedere alla community (sic) di Special K (anch’essa con solo l’1% di grassi?), ci sono interessanti consigli e segnalazioni su eventi artistici e culturali, tabelle nutrizionali a go-go, ma soprattutto le ricette. Voi direte: ricette per tenersi in forma, a base di insalatina, soia e formaggio leggero a fiocchi? No. Ricette a base di Special K. Ah, sprovveduti: pensavate che bastasse aprire la scatola, versare dei cereali in una tazza, metterci il latte e mangiare? No. Special K è anche creatività, e che cavolo.
Ora, siccome non voglio mettermi contro la Kellogg’s, che se no altro che aprire un account PayPal “Aiuta A Day in the Life contro le multinazionali dell’alimentazione”, concludo. Con un’osservazione: perché l’ultimo prodotto Special K è al cioccolato, e sul sito c’è scritto “con il 50% in più di cioccolato” (senza percentuali di grassi, almeno quello)? Ve lo dico io, anzi, il sito:

“Il cioccolato fondente, oltre ad essere un alimento gustoso, è anche un tonico naturale che può dare una rapida carica di buon umore e stimolare l’attività mentale. Con il nuovo Special K Cioccolato Fondente potrai fare il pieno di allegria perché è ancora più ricco di cioccolato!”

Insomma, prima vi deprimono con il cereale cartonato, poi vi invitano a farvi di cacao per ritrovare il sorriso. È la dura legge del marketing, ragazze.

Di |2006-09-26T23:29:00+02:0026 Settembre 2006|Categorie: I Am The Walrus, Savoy Truffle|Tag: , , , , , |14 Commenti
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