la notte dei morti viventi

So long, Berretta Rossa

Some Rights Reserved to Alessio Bragadini (http://www.flickr.com/photos/abragad)Mi piacerebbe ricordarmi quando ho messo piede per la prima volta negli studi che la radio abbandona in questi giorni: avrei potuto farlo, se tenessi un diario. Non avrei mai potuto, invece, sapere quante ore ho passato in quegli studi e uffici, dal 2001 a oggi, nello studio di regia, davanti a un computer, sui gradini dell’entrata, nelle altre stanze della sede di Radio Città del Capo. Ma se dovessi calcolare quanto tempo abbia passato in quella “casa” rispetto alle case che ho vissuto in trentatrè anni (e passa) di vita, sono certo che “Berretta Rossa” si posizionerebbe ai primi posti di quest’inutile e immaginaria classifica.

Mi ricordo di quando hanno sbagliato grossolanamente il nome della via, delle notti passate a trasmettere Monolocane e delle maratone dei “morti viventi”, quando stare là era davvero come stare a casa. Mi ricordo di avere pianto, brevemente e violentemente, in un giorno tremendo di agosto e di avere riso a crepapelle (talvolta anche a microfoni accesi) innumerevoli volte. In via Berretta Rossa, quella che è quasi a forma di H, quella che è erronamente segnalata su alcune mappe e navigatori da far perdere nella periferia bolognese più di una band attesa per un live a Maps, ho litigato un paio di volte e mi sono formato dal punto di vista lavorativo. Ho conosciuto amori e amici, là, e ho bevuto centinaia di caffè della macchinetta.

Oggi pomeriggio trasmetto per l’ultima volta dagli studi di via Berretta Rossa: Radio Città del Capo si trasferisce altrove, in un posto che è in tutto e per tutto assai migliore di quello dov’è stata finora; ma, per oggi e oggi solamente, mi permetterò un briciolo di malinconia. Non preoccupatevi, non trasparirà dall’onda, sarebbe poco professionale: quelle mura che, in fin dei conti, mi hanno visto crescere, si meritano per l’ultima volta il meglio di me.

The Residents, The Texas Chainsaw Massacre e l'inossidabile Sigmund

Non sapevo davvero cosa aspettarmi dal concerto dei The Residents di venerdì scorso all’Estragon. La band, in attività da una quarantina scarsa d’anni, è davvero uno dei casi più strani della storia della musica del secolo scorso. Non si sa chi siano, non rilasciano interviste, non appaiono mai senza maschere e, soprattutto, da decine di anni fanno esattamente la musica che vogliono, senza alcun tipo di compromesso, perseguendo la loro visione artistica (e quanto è bello usare questo termine quando ha senso).
Il locale alla periferia nord di Bologna, l’altra sera, si presentava già in maniera diversa dal solito: tutti seduti, un palco che ricordava una sorta di salotto, con tanto di abat-jour, televisione e poltrona. Tutti si chiedevano come sarebbero apparsi sul palco Randy e soci (i nomi li sappiamo, ma vuol dire ovviamente poco). Vestiti da conigli? Nel classico costume a forma di globo oculare?

Poco dopo le 22, i tre Residents rimasti hanno fatto la loro comparsa: Randy con una calotta di gomma che gli copriva metà faccia e gli dava le sembianze di un vecchio dai capelli lunghi e l’aria spettrale, gli altri due con delle maschere nere e parrucche. Ed è iniziato lo spettacolo. Già, perché dire che quello della band californiana (si sa anche questo) sia un concerto è scorretto, non solo riduttivo. La musica e le “canzoni”, si alternano a video e lunghe narrazioni di Randy: tutto è esplicito. “Benvenuti nel nostro salotto, oggi vi racconterò delle storie. Alcune di esse sono spettrali.”
E via con gente sepolta, il “popolo dello specchio”, apparizioni e fantasmi, tutte storie narrate come si farebbe intorno a un camino, ma con un livello di inquietudine, trasmesso dall’impatto visivo dei tre, decisamente maggiore.

Durante lo spettacolo ho riflettuto su quello che stavo vedendo, a partire da un dato curioso: il primo disco dei The Residents è uscito nello stesso anno di Non aprite quella porta. Un caso? Forse, ma le assonanze tra i due eventi (e lo spettacolo di venerdì) sono tantissime.
Il film di Tobe Hooper, lo sapete, è agghiacciante: trenta e passa anni dopo la storia di alcuni ragazzi “normali” che vengono massacrati da una famiglia non tanto normale, che abita in una casa ordinaria, in una città come ce ne sono migliaia negli USA, è uno stereotipo. Ma all’epoca il film scioccò non tanto per la violenza del film (che pure è pesantissima), quanto proprio per l’idea che l’orrore fosse dietro l’angolo, a portata di mano, nella pulita e linda (per modo di dire) America. In realtà già da qualche anno il cinema americano indipendente sfogava i mostri dell’inconscio collettivo attraverso un nuovo modo di fare horror: ma i morti viventi di Romero (1968) erano altro. Erano zombie, non (più) umani, uscivano dalle tombe: un’ottima metafora psicanalitica, ma anche una presa di distanza, qualcosa che poneva un’area di sicurezza, per quanto labile, tra la quotidianità e l’orrore. Non aprite quella porta, invece, inizia con un cartello che dice, in sostanza, che la storia è vera. Anche qua, un elemento scontato nel 2010, ma mica tanto nei primi anni ’70 del secolo scorso, sebbene si trattasse di una trovata pubblicitaria.
Insomma, era la distorsione del normale che operava negli spettatori del film di Hooper: la famiglia degli sterminatori era, in fondo, una famiglia, con le sue regole e le sue posizioni. E la famiglia, si sa, sta alla base di quasi tutte le forme sociali, è il primo legame e legante. Da notare, inoltre, che il salotto ha una sua importanza, nell’economia del film.
Cosa c’entra tutto questo con The Residents?

Pensiamo sempre al 1974: il loro primo disco si chiama Meet the Residents, e l’assonanza con l’edizione americana del quasi omonimo disco dei Beatles ha come correlativo la copertina, che vedete qua a fianco. Una distorsione, corrosione, stravolgimento della comunque riconoscibilissima immagine del disco degli inglesi, che comunque, quattro anni dopo lo scioglimento, erano una certezza, qualcosa di condiviso. Ma andiamo alle canzoni: la prima è uno stravolgimento totale della hit portata al successo da Nancy Sinatra “These Boots are Made for Walking”. E si continua con urla, melodie popolari passate al tritacarne, schizzi di acido su strutture ben note (familiari!) della tradizione americana, o anglosassone. Tutto è riconoscibile, eppure diverso. Esattamente come il salotto sul palco dell’Estragon.
Ma non mi sto inventando niente: il buon Freud aveva capito (e spiegato) tutto nello stracitato saggio sul perturbante che, come sapete, in tedesco si dice Unheimlich: una parola che include ed esclude allo stesso tempo la vicinanza, la familiarità, il riconoscibile.
The Residents hanno messo in scena la stanza della condivisione familiare, il salotto, e hanno raccontato da là delle storie, un altro elemento di coesione sociale e culturale. Ma le storie erano distorte, bizzarre, inquietanti. Il continuo passaggio da riconoscibile/riconosciuto, familiare/vicino, noto/esperito, a sconosciuto, lontano, ignoto è quello che ha fatto sì che fossi affascinato, spaesato e turbato allo stesso tempo.
E, quando sono usciti di scena sulla melodia poi presa dalla Coca-Cola per un famoso spot, ho capito che, ancora una volta, il lato oscuro degli USA, e non solo, è appena più in là del celebrato “American way of life”. Probabilmente, dietro quella porta chiusa che dà sul salotto.

Dead Again

Nella foto i conduttori della Notte dei Morti Viventi 2005 tornano a casa nelle prime ore del mattino

Come già successo l’anno scorso, questa notte sarà La Notte dei Morti Viventi. Chiudiamo quindi la Campagna Abbonamenti della radio con una diretta lunga dodici ore, a partire dalle 2230 di stasera. Il tema di quest’anno è la magia: parleremo di incantesimi, astrologia, esoterismo, manovre economiche, musica maggica, film maggici. Come al solito l’invito è quello di chiamare in diretta, partecipare ai quiz, vincere dei premi, mandare mail e sms, e magari anche passare in radio a spruzzarci di acqua santa.

Adesso, invece, vado al Sesto Senso, dove c’è l’aperitivo di fine Campagna Abbonamenti. Mi tratterrò, per evitare che “La Notte dei Morti Viventi” si trasformi per me in una diretta di un paio d’ore scarse.

La notte dei morti viventi 2005

Il comunicato stampa. Ma quanto siamo seri(osi)!

Inizia la “Campagna Abbonamenti 2005” di Città del Capo – Radio Metropolitana, emittente bolognese di Popolare Network: una decina di giorni di palinsesto speciale con quiz, giochi e premi per sensibilizzare gli ascoltatori al sostegno della nostra emittente.

Anche quest’anno ci sarà l’evento speciale “La notte dei morti viventi”. Una diretta di dieci ore, dalle 2230 di venerdì 9 dicembre alle 830 di sabato dieci, per inaugurare la “campagna abbonamenti” della radio.
Dopo l’edizione 2002, dedicata alla morte, e quella 2003, dedicata alla religione, quest’anno “La notte dei morti viventi” è dedicata al sesso, in tutte le sue forme e manifestazioni. La trasmissione, condotta in studio da Federico Bernocchi, Francesco Locane e Simone Sabattini, avrà numerosi ospiti, in studio, in diretta telefonica e intervistati, tra cui:
Arween Akane (http://www.arweenakane.org/), performer BDSM;
Ayzad (
http://www.ayzad.com/), master BDSM e autore del libro “BDSM”,
edito da Castelvecchi;
Berbera e Hyde (
http://www.berberaehyde.it/), la griffe che ha firmato progetti per conto del portale Libero, Mondadori, Wind, e che cura la collana erotica degli Oscar Mondadori;
Giorgio Bortoluzzi (
http://www.deltadivenere.com/), direttore del sito Delta di Venere;
Letizia Bruni (
http://www.letiziabruni.com/), attrice hard, miglior performer femminile, Delta di Venere Torino 2004;
Patrizia D’Agostino, redattrice di Hot News (
http://www.hotnews.it/);
Jessica Gayle (
http://www.jessicagayle.com/), attrice hard, una delle ultime rivelazioni della factory di Mario Salieri;
Manya (
http://www.manyastar.com/), attrice hard, protagonista di numerosi film, anche con Moana Pozzi e Cicciolina;
Giacomo Manzoli, storico, critico e docente universitario di cinema;
Giuseppe Matera, produttore hard, FM Video (
http://www.fmvideocorp.com/);
Erika Neri (
http://www.erikaneri.it/), migliore contract girl Delta di Venere Torino 2005, migliore attrice europea hard Erotica Sex Praga 2005, Best Starlet Festival International de l’Erotisme, Bruxelles 2005;
Priscilla Salerno, attrice hard, migliore starlet italiana, Delta di Venere Torino 2004;
Riccardo Schicchi (
http://www.divafutura.tv/), storico regista dell’hard italiano, produttore e fondatore di Diva Futura;
Shakner, master BDSM, organizzatore di feste, eventi ed esibizioni BDSM;
Franco Trentalance, miglior attore hard protagonista ai Festival di Praga, Milano e Bruxelles nel 2004.

E in più altre interviste, sondaggi, giochi e tanti inviati nei posti caldi della Bologna di notte.
Le frequenze di Città del Capo – Radio Metropolitana, per Bologna e provincia, sono 96.250 e 94.700 MHz. È possibile ascoltare la radio anche in streaming, collegandosi al sito www.radiocittadelcapo.it.

Siateci.

Iperradioattività (adoro i titoli originali)

Non aggiorno più il blog perché sono sempre in radio a lavorare. No, tanto perché lo sappiate: dopo l’ultima puntata di Monolocane non sono finito in carcere, anzi, vi ringrazio per il vostro appoggio. Ma questo post si limita a due segnalazioni per ciò che verrà.

Giovedì 8 dicembre ricorre il 25° anniversario della morte di John Lennon. Visto che io non parlo mai di lui e dei Beatles, ho deciso di dedicare la prossima puntata del programmino interamente a Lennon, parlando di lui soprattutto attraverso la sua musica, e con una chicca: l’ultima conferenza stampa, rilasciata proprio quell’otto dicembre del 1980.

Eccola, tradotta per voi!

E il giorno dopo inizia la campagna abbonamenti di Città del Capo – Radio Metropolitana. Questo comporta, in generale, che tra lavoro e sollazzo, io sia in radio sempre. Ma comporta anche il vostro sollazzo, nel senso che, dopo avere dedicato la notte 2002 alla morte e quella 2003 alla religione, ci mancava solo il sesso. Quindi, venerdì 9 novembre, dalle 2230 alle 830 (sì, avete letto bene: una diretta di dieci ore dieci), eros, sesso, porno, bdsm, con ospiti in studio e al telefono, tra cui: Franco Trentalance, Manya, Ayzad (che già intervistai), Berbera&Hyde, Arween, Letizia Bruni, Jessica Gayle… e tanti altri. Ecco il sensuale spot della notte.

Per sentire il tutto, al solito: siete analogici e bolognesi? Allora le frequenze sono 96.3 e 94.7 MHz. Siete digitali e vivete altrove? Streaming.

E anche per quest'anno, rigà, l'abbiamo sfangata (o quasi)

Sono appena tornato a casa dopo la lunga Notte dei morti viventi. In realtà la diretta doveva durare fino alle 9.30 di oggi, ma, cosa volete farci, non abbiamo più l’età. Ci siamo divertiti e parecchio, ma, ad un certo punto, le defaillances sono state ripetute, quindi abbiamo abbandonato qualche ora prima del traguardo.
Nell’ambito dei blog, vorrei particolarmente ringraziare i blogger che, anche a loro insaputa e loro malgrado, sono intervenuti. Innanzitutto Colas, che ha avuto il privilegio di usare l’espressione rigà. Poi Daniela, che non faceva altro che ripetere la suddetta espressione, farci i complimenti e usare espressioni di gioia&stupore. Posso non linkarti? Ovviamente no. E come non ricordare il brevissimo intervento di Zazie, forse ubriaca o forse emozionata per la diretta, chissà? Il mio fratello di parole Martino, presente con due e-mail. Infine, last but not least, come si dice in Camerun, Enzo e la Laura. Il primo mi ha regalato una spilla bellissima che ho tosto appuntato sulla giacca. La seconda che, per tutto il tempo, ha toccato il materiale isolante della radio con aria estatica.

Grazie a loro e a tutti i morti viventi. La campagna abbonamenti (e la mia onnipresenza in radio) inizia adesso. Sono le sei, sta per spuntare il sole e io vado a letto.

Cosa c'entra Elisa con le Harley Davidson?

Sento una strana vicinanza con Elisa. Il sentimento, ovviamente, parte da basi generazionali e geografiche: siamo coetanei e nati ad una manciata di chilometri di distanza l’uno dall’altra. Ha una bella voce. Le canzoni non sono sempre valide, o quanto meno mi stufano spesso, ma non credo che nel panorama desolato e desolante della canzone italica, sia da buttare via. Ma non basta.
Il chitarrista di Elisa è il cugino di un mio (ormai ex) compagno di classe: quando uscì Pipes and Flowers il suddetto compagno di classe tirò fuori, con abile mossa da prestigiatore, il cugino dal cilindro e si legò, in qualche modo, al successo della giovine.

Questo mi ricorda un buffo aneddoto che credo mi abbia raccontato un caro amico. L’amico dell’amico (che volete, capita sempre così) aveva passato le vacanze con Sergio del Grande Fratello, proprio lui, l’Ottusangolo. L’amico dell’amico, non appena era iniziato lo spettacolo e registrava successo, andava in giro vantandosi di conoscere Sergio e di avere passato ore indimenticabili e divertentissime con lui. Fino a che venne fuori che proprio questa gran cima Sergio non era, e l’amico dell’amico si adeguò all’andazzo mediatico, eleggendosi come primo denigratore. “Lo prendevo in giro io già allora”.

Ma torniamo ad Elisa. La fanciulla, nonostante canti prevalentemente in inglese, pare legata alle sue terre d’origine. L’avete mai sentita in un’intervista? Quello strano accento da patata-in-bocca, tutto vocali aperte e leggermente strascicato, beh, quello è l’accento goriziano, o, per essere precisi, “bisiacco”, cioè della zona di Monfalcone. L’avere questo accento marcato la rende ai miei occhi più umana, modesta e, quindi, simpatica. Poi gira i suoi video in posti che conosco bene e che raramente sono mostrati in televisione. Insomma, il tutto ha un’aria familiare.
Ho visto Elisa dal vivo una volta solamente, in un’occasione molto particolare. Mi sono trovato, non ricordo neanche io come, ad un raduno di biker, vicino Gorizia. Non so se avete mai avuto l’occasione di assistere ad un raduno di biker. Sono omoni (e donnoni) prevalentemente vestiti di cuoio, con moto enormi, nerissime e spesso iperaccessoriate, che bevono birra, scherzano e ridono. E giocano con i motori. Ma non nel senso che li montano e li smontano, con sana e ludica passione. No. Giocano con i motori in due modi.
Il primo è quello di accendere la loro moto, dalla marmitta enorme alla quale è stato tolto ogni tipo di silenziatore, e di accelerare mandando il motore su di giri e producendo un rumore assordante. La performance si può concludere così, semplicemente raggiungendo il picco dei decibel, oppure come ho visto io (fortunello): il biker spegne il motore, tira fuori una sigaretta e se l’accende sulla marmitta incandescente, tra le ovazioni della folla.
Il secondo è quello di prendere un motore di una macchina di bassa cilindrata, tipo quello di una Cinquecento Fiat, e di mandarlo su di giri fino a spaccarlo. Dico sul serio. Visto con i miei occhi.

Insomma, mi godevo lo spettacolo. Ero venuto a sapere che, però, quel raduno aveva qualcosa di particolare. Infatti era la festa di compleanno di uno del club di biker, un ragazzo che era appena uscito dall’ospedale per un bruttissimo incidente in moto. Aveva perso entrambe le gambe, però, a quel che si diceva, gli era andata bene.
Sale un gruppo sul palco (ovviamente un gruppo metal). Quando finisce il loro concerto, sorpresa, salgono sul palco altri musicisti e il ragazzo festeggiato, che ringrazia tutti. Ad un certo punto sale sul palco una ragazza piccina, con un berretto calato sugli occhi. È Elisa. Pubblico in delirio, anche senza bisogno di marmitte. Inizia a cantare “Knockin’ on Heaven’s Door” con il festeggiato, che è felicissimo, ride contento e canta.
Mi sono guardato intorno. Lo so che vi sembrerà stereotipato, ma fa veramente impressione vedere omoni enormi, di cui hai avuto un sano terrore istintivo fino a pochi secondi prima, piangere. Non “occhi lucidi”, dico proprio piangere. Beh, un po’ mi sono commosso anche io.
Elisa ha continuato con un altro paio di canzoni, poi è arrivato il regalo per il festeggiato. Una moto a tre ruote, che si può guidare anche senza gambe.
Ancora mi viene il groppo in gola a pensarci.

P.S. Ovviamente stanotte io sono uno dei morti viventi.

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