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Sui giovani di oggi io…

La cosa difficile è cercare di fare un discorso sensato sui quattro giorni passati a cercare di insegnare qualcosa ad una ventina di diciassettenni, senza cadere in esclamazioni tipo “O tempora o mores”. La cosa difficile è mantenere la calma quando, dopo una quindicina di ore spese a parlare di cinema e sceneggiatura c’è ancora qualcuno che confonde questa con la scenografia. La cosa difficile è evitare di reagire a male parole quando senti un ragazzino insultare un altro dicendogli “magrebino” (e no, caro W., non sono un loro insegnante, non posso prendere provvedimenti). La cosa difficile è rendersi conto che hai a che fare con un precipitato tremendo: adolescenti di una scuola privata di una delle città più ricche del ricco nordest. La cosa difficile è pensare che l’espressione “valore” e “crisi di valori” ha un senso, qualche volta. La cosa difficile è rendersi conto che spesso sono stronzi, razzisti e maleducati, e fanculo il fatto che abbiano diciassette anni. La cosa difficile è, subito dopo, rendersi conto che molti di questi ragazzini hanno avuto delle playstation e dei cellulari come unica compensazione alla mancanza di attenzione, amore, affetto. La cosa difficile è pensare che questi ragazzini voteranno, tra un anno. La cosa difficile è sperare che qualcosa cambi.
La cosa facile è stata arruffianarseli. “A voi piace Robbie Williams e Avril Lavigne, giusto? Ma noi non abbiamo tempo per ascoltare i loro pezzi prima delle lezioni. Ma possiamo ascoltarne dei riassunti.”
E quindi, grazie questi due brani che ho creato lassù, li ho spiazzati, stupiti, e ho catturato la loro attenzione.

Per quindici lunghissimi secondi, più o meno.

Il marketing e l’arte della manutenzione radiofonica

Ce l’abbiamo fatta anche questa settimana a mettere in piedi un’altra puntata di Monolocane. Il titolo del post è solo in parte sconclusionato, nel senso che parlerò con lui, l’unico blogger che lavora per una multinazionale, di cosa significa veramente fare il mestiere che fa. Ovviamente domani il nostro sarà licenziato e citato in giudizio per miliardi.
Inoltre, se ce la faccio a prepararla, vi faccio sentire un’intervista con Faso, sì, proprio il suonatore di chitarra basso di Elio e le storie tese, che ci parla di “peer to peer” e di quando sarà possibile scaricarsi sul computer di casa una riproduzione della Venere di Milo.
Come al solito, dalle 2230 alle 0030 sui 96.3 o 94.7 MHz stereo di Città del Capo – Radio Metropolitana, se siete a Bologna. Se siete in qualsiasi altro posto, ma avete un collegamento internet, potete dilettarvi con non uno, bensì due streaming.
Se no, niente.

Update. Stasera telefoneranno a Monolocane i Micecars. Oh.

Ecco l’intervista a Faso!

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Preparàti al micidiale?

Questa sera a Monolocane un’intervista esclusiva con Alessandro Bergonzoni. Esclusiva nel senso che c’eravamo solo io e lui, questa mattina, nella sala di registrazione della radio. Mi dicono che stasera c’è anche la finale del Grande Fratello. Siccome la “Redazione GF” di Monolocane sarà molto probabilmente assente, ospito opinionisti a caso. Chiamate, scrivete, fate (voi).
Dalle 2230 alle 0030 sui 96.3 o 94.7 MHz di Città del Capo – Radio Metropolitana, se siete nella città delle tre t. Se siete altrove, o se le consonanti non corrispondono, potete sentire il tutto in streaming dal sito della radio o su RadioNation.

Ecco l’intervista!

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If you leave me I erase you

Una puntata coi frizzi, lazzi e cotillons, stasera. Qualcuno l’aveva chiesto, beh, io l’ho trovato. In esclusiva l’intervista con chi ha deciso di fare uscire nei cinema patri Eternal Sunshine of the Spotless Mind con il titolo-che-ben-conosciamo. Sì, avete capito bene, proprio con lui, direttamente dalla Eagle Pictures.
E con me in studio Magenta&Woland.
Che volete di più? Chiedetemelo. Sintonizzatevi questa sera dalle 2230 sui 96.3 o sui 94.7 MHz se siete a Bologna o provincia. Se siete altrove, cliccate qui per lo streaming.

Update. Da oggi e per ogni giovedì la mia trasmissioncina va in onda anche su RadioNation. Ma pensa. Devo subito chiamare mia mamma.
Ariupdate. Se proprio volete, l’intervista è ascoltabile qui.

Ecco l’intervista!

Stranezze di ieri (a.k.a. inutilia)

Mi sono sentito per tutto il giorno perseguitato da un profumo di uomo che non riconoscevo. Mi sono chiesto di continuo chi dei miei colleghi, coinquilini, passanti, potesse averlo messo. Solo adesso mi rendo conto che ho cambiato deodorante dopo anni. Spiazzante. Che sia dipendente del deodorante vecchio? Ma poi: chi se ne frega? E che è sto odore? Argh.

Potenza dei blog e delle stupide liste (leggo / ascolto)che sovente li aprono. Per la prima volta ho ricevuto una mail da un autore di un libro che sto leggendo, che mi ha chiesto che ne pensavo del suo libro. Il punto è che l’autore lo devo intervistare. Gli ho detto di portare pazienza, ma forse avrei fatto meglio ad ordinarglielo.
Nel frattempo, fingo di rileggere Il giovane Holden. Metti che si faccia vivo Salinger…

Ecco l’intervista ad Ayzad!

In una vetrina ho visto questo. Notate il suo sguardo indifferente. Questo è essere dei professionisti. A meno che non sia una performance della vetrinista sulla crisi imperante, per cui anche i manichini sono costretti a calarsi le braghe. Anche una performance di una vetrinista sarebbe un segno inequivocabile della crisi imperante, a dire il vero.

Prima di vedere Lei mi odia, il cinema in cui ero ha proiettato per due volte di seguito la pubblicità della Duplo (sì, quella “dentale-labiale”). Due volte di seguito.
Da come reagisco, ora, ad un qualsiasi snack al cioccolato, posso affermare che la cura Ludovico funziona.

Giorni indipendenti: cronaca da un festival, tra il musicale e il mondano

A me i festival musicali, di solito, non piacciono. Troppi gruppi, pericolo di distrazione e di bulimia, tempi stretti. Ma quando mi è stato proposto di fare la diretta dell’Independent Days Festival per Popolare Network insieme a Elisa, non ho avuto dubbi e ho accettato. Insomma, due giorni di concerti gratis, con pass all areas, voglio dire… E quindi eccoci, alle dodici e qualcosa del 4 settembre, entrare nell’Arena Parco Nord.

Sabato 4 settembre

Da Ginsberg ai 3 allegri ragazzi morti. Scusa, Ginsberg.
Il primo personaggio che vedo lascia il segno. Un ragazzo dal capello lungo e luccicante (non ho voluto indagare se per eccesso di sudore, acqua o strutto) si aggirava per quella landa brulla e battuta da sole, con indosso un camice bianco. Si inginocchia per terra a caso, e urla: “Il re della poesia è Ginsberg!” Quando qualcuno gli chiede delucidazioni, si rialza, si calma un po’, poi chiede: “E lo sai qual è il re della prosa?” Si inginocchia di nuovo e urla, brandendo un libretto: “Jack Kerouac!”. “Forse è il figlio della Pivano”, ho pensato.
Sul palco si avvicendano i primi gruppi e, siccome la diretta inizia alle sei, ho tutto il tempo di guardarmeli. Di solito per non più di cinque minuti.
I Ray Daytona, però, sono simpatici. A parte la mia passione smodata per il garage (fans dei Fuzztones, a me!), è sempre bello vedere delle persone mascherate sul palco. Uno da martello, uno da chiave inglese, uno con la maschera antigas e uno… da uomo. Sì, sul palco dei Ray Daytona c’era un uomo con sopra un travestimento da uomo. Coi baffi. Forse l’omino sotto era sprovvisto di peluria facciale, chissà.
I Colour of Fire quando salgono sul palco si lamentano, perché il loro “Cheeao!” non è accolto dal pubblico come si deve. Quindi il cantante esclama, stupito: “Che razza di benvenuto è questo? Veniamo dall’Inghilterra!” In quel momento ho sperato che un siciliano lo minacciasse in dialetto stretto di salire sul palco e di spaccargli la faccia, se non la smetteva di dire cazzate e non iniziava a suonare.
E poi, I tre allegri ragazzi morti, che indossano maschere e fanno proclami. E la guerra. E la pace. E l’amore. E che due palle.

Gente, gente, gente, divertente (ma che bella situazione)
Avete presente le barzellette della Settimana Enigmistica dove si vedono i padroni dei cani uguali ai loro animali? Ecco, ai festival è così. L’Arena, sabato, era piena zeppa soprattutto di fan-sosia di Nick Oliveri. Omoni baffuti e con cappellino da camionista, che li vedi e sogni le grandi highway del Midwest. Poi li senti parlare e sono al massimo di Savona.
Stare vicino alla postazione mixer con il pass di cui sopra, inoltre, fa sì che si venga visti dal pubblico come degli oracoli, prodighi di saggezza e sapere. Mi è stata chiesta la scaletta circa settanta volte. E una quarantina di persone mi hanno chiesto “Ma i dEUS non suonano?” Ogni volta che ho confermato la triste notizia, le reazioni sono state da “Ah, vabbè, ma tanto piacevano solo a quello stronzo del mio ex”, fino al tentativo di suicidio. Dopo un po’ mi si avvicina un tizio e mi chiede “Oh, ma i Keane?”. Ho fermato un paio di fan dei dEUS che lo stavano per incaprettare.
L’altra gettonatissima domanda era: “Ma dov’è la tenda Estragon?” La mia risposta brevettata era un “là” accompagnato da ampio movimento del braccio, a comprendere tutto l’orizzonte. Ho smesso di indicarla quando uno mi ha chiesto se ci volesse la macchina, per raggiungerla.
Evidentemente il fatto che ci fossero due palchi non visibili l’uno dall’altro ha gettato nel panico tutti. In particolare una coppia, presumo piemontese, quarant’anni circa a capoccia. Lei mi approccia, da dietro le transenne, e mi inizia a chiedere dei due palchi, ma non chiamandoli “palchi”, bensì “situazione”. “Senti, ma in questa situazione qua suona Mark Lanegan? Ma quell’altra situazione dov’è?”. Ho ripreso immediatamente a sbracciarmi verso l’orizzonte e le ho fatto credere che Mark Lanegan fosse con i dEUS a bere pinte di Stella Artois a casa mia.
Dopo l’esibizione del suddetto Mark, si avvicina l’uomo della coppia. “Come ti è sembrato Lanegan? No, perché l’ho visto a Urbino, qualche anno fa, e mi sembrava meglio”. Io faccio la faccia del che-ne-so. Poi si avvicina, e mi sussurra: “Ma che c’è qualcosa che non va a Lanegan? No, lo chiedo a te, perché magari lo sai” e mulina la manina come per dire “birra e salsicce”. Io faccio la faccia di prima. “Ah, non sai un cazzo, eh?” E se ne va, con la sua compagna, verso nuove ed entusiasmanti situazioni.

Bloggerz (e non solo)
Poco tempo per stare con loro, peccato, perché finalmente ne ho visto qualcuno che aspettavo da tempo di vedere!

La musica che non conta e non riempie, quella che conta e ti fa saltellare, quella che commuove
Spiegatemi perché esistono The Libertines. No, veramente. Proprio come l’acqua fresca quando non hai sete. Mah, magari sono gretto io.
I Franz Ferdinand li avevo già visti, e li aspettavo alla prova del grande pubblico da festival, dopo l’abbraccio accademico virtuale del pubblico del Covo. Beh, ce l’hanno fatta anche stavolta. E voci fidate del backstage mi hanno detto che sono tranquilli, modesti e proprio tanto gentili e simpatici. Mando un sms a Karol, che dite? Quattro più, quattro meno…
E infine loro, i Sonic Youth. Ecco, quando hanno iniziato con “I love you golden blue”, ho maledetto il fatto di non potermi gettare nel pubblico, sbattendomene della diretta nazionale. Un’esibizione bellissima, con un inizio incerto su “100%” che l’ha resa ancora più preziosa. Sono andato ovviamente a fare una foto, durante “Teenage Riot”. Beh, vedete qua che è venuto fuori. Si può fotografare il rumore del feedback? Forse sì.
I Sonic Youth finiscono il concerto verso mezzanotte e qualcosa, noi abbiamo la diretta fino a mezzanotte e mezzo. Ma qualcuno dell’organizzazione non lo sa, quindi ci toglie la corrente prima. Le mie ultime parole sono state: “Allora, Elisa”. Bel titolo per una canzone. Mi chiedo se qualcuno ci abbia già pensato.

Domenica 5 settembre

Fashion Nuggets
La cara Bea non ne avrà a male se rubo il nome del suo blog per questa parte di post. Del resto lei l’ha rubato ai Cake, quindi… Si perpetra una catena di furti. Insomma, il pubblico del giorno indipendente numero due è spettacolare: ci sono adolescenti brufolosi e quarantenni che non si rassegnano, un po’ come molti dei gruppi in programma. E le magliette, di tutti i tipi, dai Metallica ai Thin Lizzy, dai Led Zeppelin ai Nirvana, dagli Ska-P a Piero Pelù. Ehm. Scusatea. Ma soprattutto non vedevo tante magliette dei Guns’N’Roses dal 1992. Incredibile quanto siano attesi i Velvet Revolver e soprattutto Slash. Sì, lo Slash che io e Elisa avevamo in programma di intervistare. Arriva un sms dall’organizzazione: “Niente domande sui GNR e sugli STP”. Io e Elisa ci guardiamo: “E mo’ che cazzo gli chiediamo?”. Ma in fondo stiamo per tornare indietro di dieci anni, senza neanche avere bisogno della DeLorean di Doc.

Slash: un simpatico quarantenne un po’ bolso
Quando veniamo chiamati dalla produzione del festival, io e Elisa siamo in fibrillazione. Slash, rendiamoci conto. Mica cavoli. Lo so, dimentichiamoci dello Slash Snakepit, tutti fanno degli errori. Mi viene in mente la mia compagna di scuola Silvia, perennemente in lotta ormonale e interiore tra le bellezze del chitarrista nicotinomane (tanto per citare una mania) e il biondo Axl. Stiamo per andare indietro nel tempo.
Per andare indietro nel tempo, però, ci vuole un’ora e un quarto di preparazione, durante la quale l’eccitazione si stempera in sentimento d’attesa e quindi in nervosismo. Intanto vediamo gli altri nel backstage. Appena vedo Slash penso: “Madonna, quanto è invecchiato”. Poi mi deprimo pensando che, poco prima, un ragazzino mi ha fatto la solita domanda della scaletta dandomi del lei. Nel frattempo mi siedo vicino alla truccatrice (?) dei Velvet Revolver, che sta appuntando una croce sul berretto militare che indosserà Scott Weiland. Il dialogo tra me e lei è surreale.
Io: “Posso sedermi qua?”
Lei: “Non lo so, tra un po’ arrivano”
Io: “Va bene, quando arrivano, tanto, devo intervistarli, quindi, per il momento, posso sedermi qua?”
Lei, dopo un minuto di pausa: “Non lo so, tra un po’ arrivano”
Per evitare il loop, mi siedo, e la guardo. Cuce questa croce sul cappello nero, e intanto tira su col naso. Ha gli occhi lucidi e il viso congestionato. Evidentemente ha pianto. Cosa nasconde nell’animo una costumista di un gruppo composto da vecchie glorie? Forse anche lei si è accorta, come me, che il tempo passa e non siamo più adolescenti?
I miei pensieri vengono interrotti dall’arrivo di Slash. Ci sediamo nel suo camerino, un’altra ragazza gli prepara un beverone energetico dal colore torbido, lui si siede, accende una sigaretta (Gitanes blu con filtro: e quando lo vedo che se la porta alla bocca penso solo “minchia”) e iniziamo l’intervista.
Slash è allegro e gioviale, parla con voce bassa e calda, sorride, ridacchia, non è avido di parole. Insomma: Slash è felice. Ed è lui a parlarci dei Guns’N’Roses, forse stimolato da una mia domanda un po’ rischiosa, su come è cambiato il pubblico in tutti questi anni.
Sei minuti intensissimi. Poi ci facciamo la foto che avete visto nel trailer, dove io ed Elisa lo imitiamo abbastanza bene, come si può notare.

Ecco l’intervista a Slash!

Kick Out the Jams
Avevo comprato il biglietto per il quattro, non per il cinque, senza pentimenti. Ma mi incuriosiva tantissimo sentire gli MC5, anzi DKT MC5, come si fanno chiamare adesso. Mi sono chiesto che tipo di operazione ci fosse dietro la reunion di un gruppo che ha fatto sì la storia del rock, ma che, in fondo, non è universalmente conosciuto. Ho risentito Kick Out the Jams, più volte, e non ne sono mai riuscito a cogliere l’essenza, in quel miscuglio di hard rock con influenze soul, ma dannatamente potente (adoro scrivere “dannatamente”). Alle 2005 di domenica 5 settembre 2004, quarant’anni dopo la loro formazione, ho capito. Ho capito che cos’è il rock-e-basta, dal vivo. Ho capito perché gli MC5 vengono da Detroit, come la Motown, ho capito vagamente che cosa doveva essere sentire quella musica nell’aria qualche decina di anni fa. Secondo momento in cui ho maledetto il mio lavoro (ballare “Kick Out the Jams” suonata da loro dietro un mixer è molto peggio dell’interruzione dell’amplesso) e decisamente miglior concerto della due giorni. Semplicemente splendidi.

L’oscurità senza fuochi d’artificio
Sono tamarri, fuori tempo massimo, commerciali e cantano in falsetto. Ma diciamolo: pur con tutti questi limiti, un paio di canzoni i The Darkness le hanno azzeccate. Quando una delle ragazze dell’organizzazione ci ha portato la scaletta della loro esibizione, e ho visto come finale prima del bis “Friday Night” e “I Believe in a Thing Called Love”, mi sono detto: “Ecco a cosa servono le prove denominate “Pyro” che ho visto su un foglio attaccato nel backstage”. E mi ha anche confortato che i case del gruppo fossero ventisei, ognuno grande come un’utilitaria. E invece niente: i Darkness hanno soprattutto usato le luci, il cantante si è cambiato d’abito solo tre volte, ha preso per il culo il pubblico e i Queen. E non è stato sparato neanche un fuoco d’artificio, niente. Che delusione.
Almeno, alla fine, nessuno ci ha staccato la corrente. Quindi abbiamo potuto salutare e concludere degnamente le nostre brave undici ore di diretta (che sono sempre meno, a vedere bene, del tempo che ci avete messo per leggere tutta ‘sta roba. Grazie.)

Missione Sottocosto

Sono pronto. Lo so che sarà dura, ma penso di avere il tempo, e del toninguerresco ottimismo dalla mia parte. Il tragitto fino al Centro Lame è carico di tensione, ripasso con il comandante lo schema d’azione e la piantina dell’Ipercoop. So dove devo andare, so cosa devo fare. So quando farlo. Ho dormito bene, sono fresco. Ho fatto stretching, i muscoli guizzano, sono pronti. Il Bancomat è lì, nel portafogli e ripeto il codice nella mia testa, come un mantra. Sono nel parcheggio. Un’ultima occhiata al volantino, per memorizzare nome e modello del lettore dvd/mp3/mpeg/coffee&tv. Esco dalla macchina.

Mi dirigo con sicurezza verso l’entrata dell’ipermercato, il settore elettronica è in fondo. Ci sono. Mi guardo intorno. Capto una conversazione tra un cliente e una commessa. Il cliente ha la mia stessa missione. La commessa risponde in maniera lapidaria. “Esaurito”. Il cliente non se ne capacita. Io mi sento come se mi avessero sbattuto una padella in testa. Risuona la parola “esaurito” nel mio cervello. Guardo l’orologio barcollando. Le undici antimeridiane. L’offerta è iniziata due ore prima. I duecento pezzi venduti sottocosto si sono volatilizzati.
Mentre penso al rapporto da fare al comando, capto un’altra conversazione tra due clienti e una commessa.
“Ma come, esaurito, è impossibile”
“Eh, ma quando ci sono i prodotti sottocosto, bisogna venire qui prima delle otto”
“Soccia”
Evito di annotare l’ultima battuta sul mio taccuino e mi avvio sconsolato verso l’uscita.

Di |2004-01-08T03:08:00+01:008 Gennaio 2004|Categorie: I'm A Loser|Tag: , , , , , , , |10 Commenti

Serenità

L’ho augurata a tutti per il 2004. I miei amici mi guardano e dicono che esprimo serenità, bene. Quindi l’augurio è valso per me, in primo luogo. Penso, mentre ascolto Talkie Walkie, al perché avevo deciso, ormai qualche mese fa, di aprire un blog. Pensavo, anzi, ero sicuro, di trasferirmi a Milano, e avrei voluto descrivere quella città con i miei occhi di persona nata e cresciuta in una remota cittadina del remoto nordest. Niente di originale, ma mi avrebbe tenuto compagnia. E invece ho deciso di rimanere a Bologna, rischiando moltissimo. Ieri notte mi è presa l’angoscia per questa scelta. Ma, se i miei amici mi vedono sereno, vuol dire che non ho sbagliato.
Il vero 2004, quindi, inizia domani, anzi, tra qualche ora. Ho deciso di rispettare una tabella di marcia rigorosa: al mattino studio-per-esami (da tenere non da dare, finché ho ancora una deontologia… quanto mi do? Poco, mi sa, ma per ora…). E il pomeriggio? Scrivere, in maniera metodica e costante, come si dovrebbe fare. Il tutto inframmezzato da telefonate alle milioni di persone sfuggenti che mi hanno detto “La tua proposta/curriculum/lavoro è interessante, sentiamoci”. Telefonate che, per la maggiore, finiranno con una frase del tipo: “La tua proposta/curriculum/lavoro è interessante, risentiamoci”.
Però domani mattina (tra qualche ora, in verità) vado a comprare un lettore dvd/divx/mpeg/mp3/e che fa anche il cappuccino con la schiuma, sfidando le orde di folli consumatori. Lotteremo per i duecento pezzi disponibili nel punto vendita indicato nel volantino. Quindi i programmi iniziano a saltare da subito. Ma pazienza. Intanto io sono sereno.

P.S. Mi rendo conto che la qualità dei post su questo blog inizia a scadere paurosamente, ma la mia vita, per ora, è piuttosto monotona. Organizzerò presto una spedizione di freeclimbing acrobatico, tranquilli.

Di |2004-01-07T02:07:00+01:007 Gennaio 2004|Categorie: I Me Mine, We Can Work It Out|Tag: , , , , , |8 Commenti
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