guerra in iraq

"Cose piccole e piccoli sentimenti"

Oggi ho avuto un crollo, ben mascherato dal mutismo, in redazione.
Appena avuta la notizia del rapimento sono schizzato via da casa, proprio mentre rispondevo a delle mail, scrivendo che dopo quattro giorni di delirio questo era il primo pomeriggio tranquillo (avrei dovuto dire “una tensione stabile”). Sono arrivato in radio, ho cercato Scaccia. Le solite domande. “Hai qualcosa da dirmi? Quali sono le reazioni là?”. Pino si è dimostrato, ancora una volta, una persona splendida. “Francesco, che ti devo dire? Troppo presto perché ti possa dire qualcosa. E poi, che reazioni? Ero io, qua, uno dei suoi amici.” Nonostante incombesse la diretta del TG2, ha trovato come sempre il modo di dirmi qualcosa e mi ha parlato un po’ del gruppo terroristico che ha rapito Enzo. Ho chiuso la telefonata, ringraziandolo (e non sarà mai abbastanza), sono andato a scrivere il pezzo. Stampato, consegnato. Poi mi sono seduto e ho visto un’altra, l’ennesima edizione di un telegiornale. Enzo è stato rapito.
Mi sono reso conto allora che, in fondo, speravo che fosse nascosto da qualche parte. Perché sono stato male, è venuta fuori tutta la tristezza e l’ansia per questa vicenda che i ritmi di lavoro serrati degli ultimi giorni avevano relegato da qualche parte, in fondo. Una tristezza che era stata sfiorata, ieri, quando ho dovuto scegliere un brano di una delle “Cartoline” che avevamo fatto, e risentire la sua voce dai file grezzi, con le risate e le battutacce in mezzo, mi aveva fatto un certo effetto. Ma ieri bisognava essere veloci, scegliere i brani, ripulirli, montarli. Oggi, no. E allora mi sono venute in mente le prime e-mail che ci siamo scambiati, sette anni fa, quando lui per me era Zio Zonker e io per lui Il Malva. Beh, veramente io sono ancora per lui “Il Malva”. In una mail, addirittura, dopo un sacco che non mi facevo sentire, mi appellava “Malva, vecchia troia!” tutto in maiuscolo.
Enzo è stato uno dei primi a leggere la mia prima raccolta di racconti. Appena l’ebbe finita mi scrisse.

Oggetto: Tempi diversi
Data: Sun, 5 Dec 1999 21:55:49 +0100
Da: egb
A: francesco

Ieri sera mi sono portato a letto “Tempi diversi”.
L’ho letto tutto d’un fiato.
Belli gli attacchi, giusti ritmi e misure, non casuale il pezzettino di Raymond Carver.
Il mio preferito e’ probabilmente “Il bagno del primo piano”, delicatissimo, vagamente surreale.
L’unico punto debole che ho trovato e’ forse strutturale alla tua generazione, che non ha avuto in genere grandi tragedie ne’ grandi epopee, e che quindi e’ costretta a parlare di cose piccole e di piccoli sentimenti. Non amo il minimalismo, e Leavitt mi fa cagare. Ma i tuoi racconti non sono, secondo me, da considerare minimalisti. Mi piace considerarli dei bei pezzi di artigianato, fatti con amore, tecnica e buona capacita’ di rifinitura.
Bravo.

Enzo

Questa è una delle mail di complimenti più belle che abbia mai avuto. E da cinque anni, lo giuro, continuo a riflettere sulla debolezza della mia generazione, “che non ha avuto in genere grandi tragedie né grandi epopee”.

Ho scritto un romanzo, Enzo. E voglio fartelo leggere. Quindi, vedi di tornare presto.

La tua vecchia troia, il Malva

Speciale su Enzo Baldoni

Ho curato le interviste a Pino Scaccia e a Enrico Deaglio, direttore di Diario, per uno speciale su Enzo che andrà in onda all’interno de La talpa spaziale, la trasmissione quotidiana di informazione di Città del Capo – Radio Metropolitana di Bologna, dalle 1815 di oggi.
Se siete a Bologna, Ferrara o Modena – ma soprattutto Bologna – sintonizzatevi sui 96.250 o 94.700 MHz. Se siete altrove, potete sentire il programma in streaming.
Con ogni probabilità l’intervista a Scaccia verrà ripresa da Popolare Network in uno dei prossimi giornali radio.
Update: verrà ripreso nel GR immediatamente dopo La talpa spaziale.

Forse non ci siamo capiti: PALLE FREDDE

Il delirio mediatico che è seguito alla scomparsa di Enzo Baldoni è qualcosa di incredibile e, per certi versi, vergognoso.
Le notizie certe su tutta questa vicenda, è bene metterselo in testa, sono poche, pochissime. La confusione intorno alla scomparsa di Baldoni è evidente, anche dal momento in cui le agenzie di stampa ieri e i maggiori quotidiani nazionali oggi hanno tentato di carpire delle notizie da dei blog, strumento di comunicazione di solito molto osteggiato dalla stampa ufficiale. Le notizie hanno iniziato a rincorrersi partendo proprio un blog, quello di Justin Alexander, inglese legato a diverse ONG in Iraq. E’ stato proprio lui a pubblicare nel pomeriggio di venerdì scorso la notizia della morte di Ghareeb l’amico, autista e interprete di Baldoni, e della scomparsa del freelance italiano. Ho sentito Alexander ieri sera e mi sono reso conto che la sicurezza sulle sue fonti non era proprio salda. Quasi contemporaneamente è apparsa sul blog di Alexander l’ammissione di incertezza sull’episodio. In seguito ha assunto sempre più importanza il blog di Baldoni stesso, Bloghdad. Ma spesso nei commenti, e in forma anonima, sono state avanzate ipotesi che hanno del fantascientifico. Probabilmente la fonte web più affidabile, in questo momento, è il blog di Pino Scaccia, inviato della RAI, l’unico dei tre soggetti citati che effettivamente è presente in Iraq. Questa mattina ho sentito Scaccia al telefono. Abbiamo parlato di un particolare non secondario. Infatti rimane ancora il dubbio se sia effettivamente di Ghareeb il cadavere di cui si parla, perché ancora nessuno ne ha visto direttamente il corpo, nonostante la notizia sia stata confermata da fonti della Croce Rossa italiana in loco, da fonti sciite e dalla polizia irachena (quest’ultima fonte deriva sempre dal blog di Alexander che, sentito nuovamente poco fa, mi ha detto che comunque si tratta di conferme di seconda mano).
I giornali di stamattina hanno comunque cercato la notizia.
Se la notizia non c’è, come è adesso, l’hanno costruita. Hanno dato per certo che Enzo volesse intervistare Al Sadr, quando si trattava di qualcosa che era poco di più di una boutade tra colleghi, Scaccia e Baldoni, intendo. Hanno detto di Enzo che “vuole fare Rambo”, quando il suo sguardo è completamente diverso. Sentite il suo tono di voce, e come racconta gli esseri umani. Leggete a fondo il suo blog. Forse sarò presuntuoso, ma rivolgo queste parole anche ai colleghi giornalisti.
Insomma: palle fredde, per favore. L’attesa è tremenda, ma è l’unica cosa sensata da fare, anche e soprattutto per rispetto dei cari vicini ad Enzo.

B – B – B: Baldoni – Baghdad – Bologna

Enzo G. Baldoni, per chi non lo sapesse è un “turista di guerra”, come ama definirsi. Ma questo non c’è scritto (immagino) sulla sua carta di identità. Diciamo che fa il copywriter, ma ha scritto per Linus, Repubblica, Diario ed è il traduttore italiano di Doonesbury. Ha grande intraprendenza, un occhio particolare sulle persone che incontra nei suoi viaggi, e un culo notevole (parole sue).
Da qualche giorno è a Baghdad, proprio lì, e, come al solito, tiene un blog. Cosa c’entra questo con me? Tenterò di intervistarlo telefonicamente ogni giorno, per la radio, per avere delle Cartoline da Baghdad. Leggetelo, sentitelo. Ne vale la pena, perché oltre ad essere intraprendente e dotato di culo, Enzo G. è bravo.

Imagin(e)a(c)tion

Mi si perdoni il titolo bislacco. Andiamo con ordine.
Mi arriva una mail, ieri mattina, da Enzo G. Baldoni, giornalista di Diario e Linus, tra gli altri. Nella mail si ipotizza che forse l’esecuzione di Nick Berg possa non essere vera. Leggo la mail fino in fondo e mi vengono i brividi. Per prima cosa perché quello che c’è scritto è terribilmente plausibile: non posterò qua la mail, chi vuole può iscriversi alla mailing list di Baldoni, molto interessante. In secondo luogo rabbrividisco perché non posso rimanere con il dubbio e nonostante abbia evitato di farlo, adesso sento che devo vedere. Sì, ho visto il filmato della presunta esecuzione del presunto antennista americano. Sono stato male. Però poi l’ho rivisto, cercando di trattenere il fiato, superando l’istintivo orrore e cercando di essere analitico. E qualcosa non mi è tornato. Poi ho chiamato la mia amica Serena, che si sta laureando in medicina, e le ho chiesto alcune informazioni. Lei non fa che confermare delle banali intuizioni presenti nella mail. E rabbrividisce anche lei.
Personalmente non sono convinto che affermare che quel filmato mostri la decapitazione di Alan Berg da vivo corrisponda a verità.

Ma non è di questo che voglio parlare. Non voglio neanche invitarvi a guardare il filmato e farvi le vostre idee. Né ho voglia di rinviarvi ad altri link dove si sono accesi dibattiti lunghissimi e spesso ridicoli e crudeli sulla veridicità di quel filmato. La mia riflessione vorrebbe essere più ampia.
Nessuno degli organi ufficiali di informazione ha messo in dubbio lo stato di realtà di quel video breve e qualitativamente povero. E questo perché l’immagine mostrata viene percepita immediatamente come verità, senza alcun intervento critico. “Abbiamo delle immagini esclusive”, “Un filmato eccezionale”: frasi che spesso si trasformano in “una testimonianzaeccezionale”. Lo scarto semantico è notevole, ma raramente notato.
Anche solo limitandoci a quello che da tredici anni viene dall’Iraq dovremmo riflettere. Quando scoppia la prima guerra del Golfo, la si etichetta subito come “prima guerra in diretta televisiva”, ma non si vede poco più che pallette verdi e scie azzurrine. Il tutto fa veinire in mente più Pong che non i massacri di una guerra. Ma intanto Arnett “ci mostra” qualcosa: quindi ciò che ci mostra è vero. E, non è secondario, è tutto ciò che possiamo vedere. Il senso del verbo, però, non è mai inteso in senso restrittivo. Vedere, dal panopticon in poi, è potere (assoluto). Ma possiamo anche andare più indietro nel tempo.
Durante la seconda guerra mondiale, soprattutto negli ultimi anni, manipoli di registi furono inviati sul fronte per riprendere i combattimenti, mostrati in patria. Vero? No. Ford e altri ricostruirono sbarchi e battaglie in modo magistrale e realistico, spacciando un film-di-finzione per cronaca. Questo negli anni ’40.
Siamo nel 2004 e tutti sanno che con le tecnologie a disposizione è possibile creare in modo verosimile qualsiasi tipo di immagine. Eppure lo statuto di verità della stessa immagine, ancor di più se in movimento, non viene mai toccato, nonostante i casi di falso giornalistico siano all’ordine del giorno, nonostante gli effetti speciali digitali al cinema abbiano creato dal nulla la Terra di Mezzo, nonostante un qualsiasi ragazzotto bravo a smanettare con Photoshop possa creare un’immagine di Nicole Kidman che abbraccia e bacia Mal dei Primitives.
Mettere in discussione la veridicità dell’immagine mostrata sarebbe tremendamente difficile per la mente e la mentalità collettiva, ma soprattutto sarebbe grave per i poteri, che basano sempre di più il loro mantenimento su un’immagine controllata, diffusa, condivisa e accettata. Su un’immagine di loro stessi e del mondo.
Il meccanismo è molto più intrinseco e innestato in noi di quanto si possa pensare. Avere come regola quella di “Non credere ai propri occhi” è difficile e spiazzante. Ma forse, di questi tempi, è necessaria una buona dose di incredulità e distacco. Una nuova cecità per vedere meglio.

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