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Comodo, accogliente, gratuito

Anche stasera siete invitati nel mio Monolocane, dalle 2230 alle 0030, in onda sulle frequenze di Città del Capo – Radio Metropolitana, se siete a Bologna o provincia. Se no in streaming tramite il sito della radio o via Radionation.
Non ci sono ospiti previsti, anche se magari qualcuno mi fa una sorpresa.
Non ci sono interviste a capi marketing.
Per una sera, musica e chiacchiere. Anche se, probabilmente, parleremo anche di questo.

Aggiornamenti vari. Prima di tutto, ho trovato questo. Bene, sappiate che non sono in vendita. Anche se si può trattare. Poi, avrò come ospite e co-conduttore Paolo, che scrive qui e qui. Con lui discuteremo della figura di Jonathan del Grande Fratello, con il loro insostituibile contributo in diretta.

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Bella de paella!

L’ultimo arrivato tra i miei coinquilini è basco. No, non aspettatevi un rivoluzionario che parla di politica e di autonomia: ho affrontato con lui l’argomento solo una volta, e non mi è sembrato particolarmente interessato. Magari lo fa per dissimulare e domani arriva l’Interpol sezione antiterrorismo. Comunque, per quello che appare, B. potrebbe essere basco, andaluso, o galiziano. Spagnolo lo è di sicuro, non tanto per la lingua che parla, quanto per la musica che ascolta. Dalla sua camera provengono continuamente canzoni ritmate da battiti di mani e schitarrate, il cui testo è riassumibile in una parola: “Maria”. Certo, che mi capitasse in casa lo spagnolo rockettaro, con un passato dolorosamente ammesso di militanza nel fan club degli Heroes del silencio e con un fulgido presente tra i sostenitori degli Standstill, era abbastanza improbabile. Ma comunque.

B. fondamentalmente ha due passioni. La prima è il ciclismo, nel senso che è un semiprofessionista, ma in questa stagione non si pratica, quindi va solo in palestra (forse a fare spinning?). La seconda sono le ragazze, parola che lui pronuncia “ragacce”. E che ripete all’infinito, come un mantra. “Ragacceragacceragacceragacceragacce”. Penso che da quando sta a Bologna, tre mesi, B. abbia scopato un paio di volte. Non è che mi faccia gli affari degli altri. E’ proprio che lo dice. Lo si vede entrare in cucina raggiante, passano i minuti e non dice neanche una volta “ragacce”. Allora capisci. Gli fai mezza domanda e lui vuota il sacco. “Ragaccia”.

B., come tutti gli spagnoli, impara in fretta la nostra lingua e i vocaboli italiani, soprattutto nelle aree semantiche che gli interessano di più. Grazie a G. detto Peppino, adesso sa descrivere con dovizia pornografica un rapporto sessuale, dai preliminari all’orgasmo, tutto in barese stretto. Solo che lui è convinto che quell’idioma sia nazionale, quindi va in giro a dire “ciola” (indovinate un po’ quello che vuol dire) a destra e a sinistra pensando che tutti lo capiscano. Quelli che lo capiscono gli rispondono in barese e lui racconta di amplessi e di “ragacce”.
B. è affascinato dalla televisione italiana. Dice che è la televisione più bella del mondo perché ci sono solo “belle ragacce”.
Ieri B. ha visto per la prima volta in televisione, di pomeriggio, Aida Yespica. Vi tralascio i commenti, anche perché se non siete di Bari vecchia non capireste. Poco dopo ha visto, sempre in televisione, anche DJ Francesco, e i miei coinquilini gli hanno spiegato dell’affaire tra loro due. Quando ha realizzato che DJ Francesco ha presumibilmente trombato con la Yespica, B. è impazzito totalmente. Ha iniziato a dire “Es increìble” o qualcosa del genere (quando è particolarmente colpito da qualcosa, B. smette di parlare barese e torna alla sua lingua nazionale). P. gli ha detto subito dopo che la Yespica parla spagnolo come lui. “Ah sì?”, ha detto B. Un lampo nei suoi occhi.
Io faccio due conti. B. è un simpatico cazzone come DJ Francesco, è carino, giovane, forte e determinato.

Se una simil-Yespica passa da queste parti, vi faccio un fischio.

E.R. (medico d'a mutua)

Porto i risultati delle analisi al mio medico.
Ne avevamo già parlato“, mi dice. “Lei si deve rilassare.”
“Eh”, faccio io.
“E poi i valori qui”, continua, leggendo il foglio che gli ho dato, “non sono… Questa intolleranza…”, dice indicando una riga del referto. Fa una lunga pausa che tradisce uno sguardo perplesso. Sempre in silenzio scorre il foglio, non trova niente, lo gira, arriva in fondo “è molto bassi” conclude soddisfatto, ripetendo pedissequamente ciò che è scritto nella legenda delle analisi.
Che faccio, cambio medico o, semplicemente, mi rilasso?

Di |2004-11-22T19:05:00+01:0022 Novembre 2004|Categorie: Doctor Robert|Tag: , , |3 Commenti

If you leave me I erase you

Una puntata coi frizzi, lazzi e cotillons, stasera. Qualcuno l’aveva chiesto, beh, io l’ho trovato. In esclusiva l’intervista con chi ha deciso di fare uscire nei cinema patri Eternal Sunshine of the Spotless Mind con il titolo-che-ben-conosciamo. Sì, avete capito bene, proprio con lui, direttamente dalla Eagle Pictures.
E con me in studio Magenta&Woland.
Che volete di più? Chiedetemelo. Sintonizzatevi questa sera dalle 2230 sui 96.3 o sui 94.7 MHz se siete a Bologna o provincia. Se siete altrove, cliccate qui per lo streaming.

Update. Da oggi e per ogni giovedì la mia trasmissioncina va in onda anche su RadioNation. Ma pensa. Devo subito chiamare mia mamma.
Ariupdate. Se proprio volete, l’intervista è ascoltabile qui.

Ecco l’intervista!

Sangue

Venerdì mattina sono andato a fare le analisi del sangue, per la prima volta da quando sono a Bologna. Mi sono messo seduto in un corridoio, con altra gente, come me a digiuno. Una voce da un altoparlante chiamava le persone per l’accettazione, per nome e cognome. Quando è arrivato il mio turno sono entrato e mi sono messo di fronte ad un tipo seduto dietro ad una scrivania, che ha preso le mie carte e ha iniziato ad inserire i miei dati nel computer. Poco dopo è entrato nella stanza, senza bussare, un uomo che credo fosse pachistano
– Io otto e cinquanta, ma macchina rotta. Posso lo stesso?
L’uomo dietro la scrivania guarda l’ora.
– Sono le nove e cinquanta.
– Rotta macchina – ripete l’altro.
– La chiamiamo dopo – dice l’uomo, e gli fa segno di uscire. Poi si rivolge a me. – Ne hanno sempre una. Sono sempre in ritardo.
Tento di non reagire.
– Ne hanno sempre una – ripete l’uomo, mentre estrae dei fogli da una stampante e me li porge. – Non sono mai puntuali.
– Gli ariani, invece… – dico io.
L’uomo mi guarda, per la prima volta da quando sono entrato.
– Non è mica per. È che non hanno il senso del tempo.
Mi viene in mente l’immagine del selvaggio con la sveglia al collo. Non dico niente.
– Non è razzismo – continua l’uomo. – Sono loro che…
– Quando mi mandate i risultati delle analisi? – lo interrompo.
– Tra qualche giorno – mi risponde l’uomo. Prende una penna e cancella il mio nome da un elenco.

Di |2004-11-17T00:38:00+01:0017 Novembre 2004|Categorie: Doctor Robert, I Me Mine|Tag: , , , , , |11 Commenti

Ai miei tempi erano tutti colli (bolognesi)

In molti cercano di analizzare il mercato musicale commerciale e i suoi ritmi forsennati. Ci si interroga su quanto duri in classifica e nella memoria una canzone e perché.
Ho scoperto una cosa. Su uno dei siti più popolari per scaricare suonerie, Zed, la canzone dei Lùnapop “50 special” è nella categoria “Te le ricordi queste?” insieme a Ivan Graziani, Tenco, Mal, Perry Como. Ma anche insieme a “Le colline sono in fiore”, di Wilma Goich. Il che potrebbe fare pensare, per un momento, ad un raggruppamento tematico.

P.S. Sempre a proposito di “ti ricordi”. Chi è il geniale creativo che ha scritto il testo dello spot radiofonico del nuovo disco della Paoli e della Vanoni, in cui, mentre i due cantano, un uomo chiede “Ti ricordi?” riferendosi ai due e la donna, giustamente, risponde “No”?

Un omino e l'agenda-setting

Questa che vedete è una foto tuttora inedita di Enzo Baldoni, scattata nella periferia di Najaf nel pomeriggio del 19 agosto scorso. Dal 20 agosto non si avevano più notizie di Enzo. Il 24 agosto veniva trasmesso il primo e unico video in cui compariva Enzo. Il 26 agosto la televisione Al-Jazeera ne annunciava l’avvenuta esecuzione.
Si è parlato molto di Enzo nei giorni immediatamente successivi al 26 agosto. Ogni tanto se ne parla ancora. Ma le notizie si accavallano, in un gioco al quale siamo abituati e non facciamo più caso: una scaccia l’altra in un moto perpetuo al quale solo pochi riescono a sfuggire. Quindi, dopo il sequestro e la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta, e dopo il sequestro e l’uccisione di Ayad Anwar Wali (praticamente passato sotto silenzio), ci si è dimenticati di una delle tante anomalie del sequestro di Enzo e della sua fine: a differenza di altri corpi, il suo non è mai tornato in Italia. E in pochi continuano a ricordarsene.

Penso sempre di più che la cosa difficile non sia essere ben informati, ma ricordarsi, o non dimenticarsi di ciò che accade o che è accaduto.

Da grande farò il pompiere! Nel frattempo presento libri scritti da altri…

Il detentore di questo blog vorrebbe scrivere. Diciamo che un po’ lo fa. Ma ultimamente è molto richiesto per presentare i libri degli altri, come è già successo recentemente.
Intanto stasera ho l’onore di introdurre quella che più che una serata sarà una sessione di ricordo collettivo. Alle 22 qui presenterò il gioiellino di Matteo B. Bianchi Mi ricordo.
Lunedì tocca al libro-di-cui-tutti-parlano, proprio La notte dei blogger. Presenti numerose guest star allo Zo Caffè.
Venerdì 12 un gradito ritorno: si torna dentro l’ascensore di Blackout, concepito dal vecchio Moroz. Letture suggestive con musica dei miei amati Nine Inch Nails, sempre in quel di Villa Serena.
Per essere completi in questo disegno cosmico, ripresenterò Blackout lunedì 22 allo Zo Caffè.

E per concludere logicamente dovrei presentare La notte dei blogger a Villa Serena. Oppure Mi ricordo allo Zo Caffè. E invece no. Il ventisette andrò ad una presentazione a Trieste, ma come co-autore. Che disdetta.

Opposto al senso di marcia

La cosa che noto sull’autobus è una ragazza, minuta e bionda, seduta dall’altra parte della vettura. Anche lei dà le spalle all’autista. Ha una gonna corta, ma non pare felice di indossarla. La imbarazza, e si stringe in un capo di lana più simile ad uno scialle da vecchia che ad un maglione, come vorrebbe essere. Di profilo è carina, ma non è rilassata. Nell’aria c’è un vago olezzo di alcol, ma non mi va di indagare da chi provenga, sono stanco e voglio tornarmene a casa. Nei pressi di piazza Maggiore l’interno del veicolo inizia ad illuminarsi di tenui luci blu, che aumentano mano a mano che si procede. Vedo le persone dal fondo dell’autobus che si alzano, e vengono avanti, verso di me, come attratte dal lampeggiante. L’autobus è fermo, ormai, e l’autista parla con qualcuno per strada. Non riesco a sentire quasi niente di quello che si dicono, intuisco solo parole come “auto”, “fermo”, “piano”. Lentamente tutti gli occupanti dell’autobus si avvicinano verso il lato opposto a quello su cui sono seduto: la luce blu è forte e fastidiosa. Mi giro ma il finestrino è coperto dalle persone che guardano. Riesco solo a vedere la luce blu che gira, tingendo l’aria ad intervalli regolari. Qualcuno mormora qualcosa con tono interrogativo. Anche la ragazza bionda ha lo sguardo incollato al vetro: si alza, per vedere meglio. Uno degli occupanti ne approfitta e le guarda a lungo il sedere.
L’autobus passa, ritorna ad essere illuminato sempre più fiocamente di blu. Il motore ricomincia a girare e tutti tornano al loro posto.
La ragazza bionda mi guarda, per la prima volta. Di profilo è meglio, penso. Pare che mi stia chiedendo perché sono rimasto fermo al mio posto. Forse crede che io sia facilmente impressionabile. Mentre mi guarda, non riesce a togliere dal suo volto l’aria di disgusto per quello che ha visto sulla strada. Si volta, offrendomi di nuovo il suo profilo. Solo allora mi alzo, per andare verso l’uscita.

Di |2004-11-03T13:00:00+01:003 Novembre 2004|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , |7 Commenti

Referrers – Gente che cerca altro – 9

Dagli stessi produttori di Neighbours, in associazione con Google, Virgilio, Yahoo! e Shinystat
9. eccesso di peluria negli adolescenti maschi

Non ha il coraggio di parlarne con la Debby, no. Sì, è la sua migliore amica, ma da troppo poco. E poi, diciamoglielo, un po’ piaceva anche a lei. No, non gliel’ha rubato, no. Un po’. Forse. Quasi quasi avrebbe preferito parlarne con Marta. Era la più esperta, diciamo. Aveva già fatto almeno almeno uno sega al suo ragazzo. Ma secondo le altre era andata ben oltre. No, non aveva scopato, ne erano sicure, ma ci era andata molto vicino. A Marta piaceva dire in giro cosa faceva col suo tipo, e forse raccontava un po’ troppo, esagerava. Ma forse no. A lei, invece, non andava di dire niente. C’erano dei momenti in cui sembrava che tutte si raccogliessero, come per magia, col solo scopo di parlare di quello che facevano con i loro ragazzi. Chi ce l’aveva, il ragazzo, poi. Sì, perché a questi ristretti circoli partecipavano anche due o tre della compagnia che, si sapeva, non avevano mai oltrepassato il bacio con la lingua. Le loro tette erano rimaste ben chiuse nei reggiseni, per non parlare del resto. Nonostante la loro poca esperienza, partecipavano, forse per apprendere ed imparare. Infatti pendevano dalle labbra di Marta. Le aveva viste una volta da sole che si dicevano che alla fine Marta raccontava un sacco di cazzate, che non aveva fatto la metà delle cose che si vantava di avere provato. Ma il loro sguardo tradiva invidia.
E lei? Lei niente, sorrideva, contenta di stare con uno dei ragazzi più carini della scuola. Punto. Arrossiva quando le venivano fatte delle domande dirette, rivelava poco di sè. Ma quella cosa…
Il problema è che aveva visto Marco nudo. Ed era pelosissimo. Ben diverso dalle foto che aveva visto su Internet, qua e là. Voleva parlarne con qualcuno. Non è che le facessero schifo, quei peli, solo che le sembravano un po’ troppi. Insomma, erano coetanei, lei e Marco. Secondo il suo punto di vista un ragazzo di sedici anni, quasi diciassette, non poteva avere tutti quei peli. Ovunque. Ne avrebbe parlato con qualcuno. Ma prima avrebbe fatto una ricerca lei. Proprio su Internet. Quando provò con “uomini pelosi”, capì due cose. La prima: Marco non era così peloso. La seconda: uomini più pelosi di Marco erano molto molto ambiti. Doveva essere più precisa.
“Eccesso di peluria negli adolescenti”. Ebbe un attimo di esitazione. “Maschi”, aggiunse. Già doveva combattere con i suoi, di peli. Non voleva sapere niente di ragazzine e di peli.

Dopo un paio di giorni un nuovo blog con sfondo fucsia, pieno di faccine e di finestrelle compariva in rete. Il nome? “Mipiaccionopelosi.splinder.com”. Dopo un altro po’ di tempo era una blogstar. Ma soprattutto aveva fatto l’amore prima di tutte le sue amiche.

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