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DiscoEstate

Questo blog sta diventando un po’ troppo réclamesco, ma abbiate pazienza.
Insomma, dopo dieci mesi e oltre duecento puntate, domani si conclude la seconda stagione del programmino Maps. Come l’anno scorso, il regalo che vi facciamo è un disco, anzi due, no, tre, con il meglio delle session acustiche che ci sono state durante le puntate. Mica pizza e fichi, eh. C’è gente come Okkervil River, Jason Lytle, Calibro 35, Dente, Beatrice Antolini, Casador e… altri sessantasei. Già, perché Live@Maps Vol. 2, che potete scaricare aggratis qua, è fatto da tre “dischi” per un totale di 71 pezzi.
Bene. Nel prossimo post un’offerta imperdibile per una batteria di pentole. E vi regalo una mountain bike. 

E fou amor a primo ascolto

Quando arriva un disco in radio è spesso accompagnato da un comunicato stampa abbastanza inutile. Ma quello con il primo disco degli Amor Fou, La stagione del cannibale, mi ha colpito da subito.

(…) Durante una festa i quattro [componenti del gruppo] conoscono Adele H. e Paolo M. Lei romana, figlia di una freak e di un pariolino, lui fuoriuscito dalla Milano bene degli anni sessanta. Un tempo innamorati come pazzi, si lasciarono senza motivo, giovanissimi, il giorno della bomba di piazza Fontana per poi ritrovarsi negli anni novanta, ma questa volta senza amore e senza odio. (…)

Da questa storia, o meglio, dai racconti che i due hanno fatto ai componenti della band, nasce questo disco meraviglioso. Un disco pop(ular), come dicevano gli Area, un disco necessariamente cantato (narrato) in italiano, perché parla della nostra nazione, della nostra storia, senza nominare alcun evento storico, a parte gli ultimi due brani, “L’anno luce” e “La strage”, in cui comunque la storia è filtrata attraverso il personale (il privato, si diceva un tempo, contrapponendolo a pubblico, e contaminando entrambi con il politico). E una strage di Stato è avvenuta lo stesso giorno in cui finisce l’amore, il primo, quello più grande. Quello matto (fou) e passato, che fu. E che non può tornare. Non è un caso che siano gli anni ’90 quelli in cui i due protagonisti si ritrovano. E non è un caso che non ci sia amore né odio, allora, tra i due. Nei primi anni ’90 ci sono stati gli ultimi veri tentativi di aggregazione sociale e di protesta politica compatta. Gli anni della Pantera, dei primi (nuovi) centri sociali. Gli ultimi anni in cui aveva un senso concreto raggrupparsi in un posto fisicamente. Per inciso, gli anni della mia adolescenza.

La stagione del cannibale è direttamente riferito ai momenti più alti che la nostra canzone ha avuto negli anni ’60, anni di amori e speranze per tutti, scoppiate proprio alla fine di quel decennio, il 12 dicembre del 1969, una data che si è portata via molte più cose di quanto non si pensi. E un cantante di allora che gli Amor Fou tengono ben presente, Luigi Tenco, si tolse di mezzo prima ancora di quel momento. Ma Cesare Malfatti, Leziero Rescigno, Alessandro Raina e Luca Saporiti conoscono bene i suoni di adesso, e sanno scremare tra ciò che effettivamente rimarrà e le chilate di fuffa che la cosiddetta “scena indipendente” riversa sul mercato. E appoggiano melodie e cantato su richiami evidenti alle migliori sonorità elettroniche di oggi, Notwist, Lali Puna e Tarwater su tutti.

Sento da settimane questo disco e non mi annoia. E mi sorprendo a cantare i testi a memoria, cosa che non mi succedeva da molto tempo.
Questo rende ancora più bello il fatto che La stagione del cannibale sia il disco della prossima settimana a Maps e che domani, lunedì 8 ottobre, dalle 16 gli Amor Fou saranno negli studi di Città del Capo – Radio Metropolitana per parlare del disco in trasmissione. E per suonarne qualche brano.

Per sentire e vedere: Amor Fou – MySpace

Se

Se dovessi elencare tutte le cose che sto facendo in questi giorni, non basterebbero mille righe.
Se tutto quello che sto ideando, pensando, progettando, rifinendo, chiudendo in questi giorni dovesse andare in porto, potrei diventare ricco&famoso, addirittura.
Se non sapessi come possono andare male le cose, scriverei questo post in corpo 72, e avrei un sorriso meno dolce di quello che ho adesso.
Se le giornate fossero di trenta ore, avrei comunque poco tempo per fermarmi a respirare.
Se amici e conoscenti si sposassero con il ritmo con cui stanno convolando a nozze tutti in questo periodo, passerei i fine settimana in giro per matrimoni e basta.
Se avessi lo spazio mentale di pensare a qualcos’altro rispetto alle mille cose che sto facendo, scriverei qualcosa di diverso, qui.
Se non continuassi ad amare la scrittura visceralmente come faccio, avrei fatto passare qualche altro giorno prima di aggiungere delle parole a questo blog.
Se avesse un sito, ve lo segnalerei: ma comunque, anche senza sito, lunedì prossimo alle 16 parte la nuova trasmissione del pomeriggio su Città del Capo – Radio metropolitana. Si chiama Maps, e altro preferisco non dire.
Se fosse qualcun’altro a condurla, mi sperticherei in lodi preventive, ma ai microfoni ci sarò io, e quindi non mi pare carino.

Vi aspetto, però. In streaming qui o sui 96.250 e 94.700 MHz a Bologna e provincia.

Se sapessi dove sono diretto davvero, vi darei un appuntamento alla meta.
Ma intanto, vado.

From the morning, till the day is done

Ho passato due interi giorni con Nick Drake, senza neanche uscire di casa. Sono stato a Rangoon, in Birmania, dove è nato, sono andato e tornato più volte con lui nella tenuta di Far Lays, a Tanworth-in-Arden. Ho viaggiato con lui in Francia, Spagna e Marocco. Mi sono innamorato anche io di Françoise Hardy. Sono stato in giro, mentre lo seguivo nei suoi pochissimi concerti dal vivo in piccoli pub e in posti troppo grandi per lui. Ho conosciuto i Fairport Convention, il tecnico del suono John Wood, Paul Boyd, e anche John Cale e John Martyn. Con loro, a Londra, ho assistito alle registrazioni di Five Leaves Left e Bryter Layter. Ho tentato di parlare con lui dopo gli insuccessi di vendite dei primi due dischi, ma non ce l’ho fatta. Nick Drake mi ha sorpreso per l’ennesima volta col suo ultimo album, Pink Moon, registrato in poche ore e consegnato in una semplice busta ai dirigenti della sua etichetta, la Island. Ho visto la boccetta semivuota di Tryptizol, l’antidepressivo che l’ha accompagnato verso la fine.

Ho ascoltato i suoi dischi, ma anche gli “inediti”, contenuti in Time of No Reply e in Made to Love Magic. Ho letto il libro di Stefano Pistolini Le provenienze dell’amore, tutto d’un fiato. E, lo ammetto senza pudori, mi sono commosso più e più volte vedendo il documentario A Skin Too Few e sentendo lo speciale della BBC2 Lost Boy – In search of Nick Drake. Hanno risuonato in me per lungo tempo le parole della madre Molly e del padre Rodney, e la commozione della sorella Gabrielle.

Una canzone di Molly Drake

Ho capito ancora una volta quanto grande e fragile fosse Nick Drake e quanto lieve e possente allo stesso tempo fosse la sua musica.

Cercherò di parlare di tutto questo e di farvi ascoltare il più possibile nella prossima monografia di Sparring Partner, dedicata a Nick Drake, da lunedì. E se non vi piace Nick Drake (possibile?), venerdì c’è Luttazzi.
E se non vi piacciono né Drake, né Luttazzi, che accidenti ci state a fare qua?

Dead Again

Nella foto i conduttori della Notte dei Morti Viventi 2005 tornano a casa nelle prime ore del mattino

Come già successo l’anno scorso, questa notte sarà La Notte dei Morti Viventi. Chiudiamo quindi la Campagna Abbonamenti della radio con una diretta lunga dodici ore, a partire dalle 2230 di stasera. Il tema di quest’anno è la magia: parleremo di incantesimi, astrologia, esoterismo, manovre economiche, musica maggica, film maggici. Come al solito l’invito è quello di chiamare in diretta, partecipare ai quiz, vincere dei premi, mandare mail e sms, e magari anche passare in radio a spruzzarci di acqua santa.

Adesso, invece, vado al Sesto Senso, dove c’è l’aperitivo di fine Campagna Abbonamenti. Mi tratterrò, per evitare che “La Notte dei Morti Viventi” si trasformi per me in una diretta di un paio d’ore scarse.

Mai avrei creduto di…

Stilare una lista dei migliori dischi dell’anno. Un po’ perché non credo di avere la competenza necessaria per farlo: non sono sempre così attento alle ultime uscite. Un po’ perché mi stanno sulle palle le liste. Comunque, stavolta l’ho fatto, per questioni di partecipazione. Mi sono messo e ho visto che, nel 2006, mi sono passati per le mani e per le orecchie poco più di una quarantina di dischi. Sulle prime ho pensato “Sono veramente pochissimi: sicuramente molti molti di meno di quelli che hanno ascoltato colleghi radiofonici e blogganti vari”. Ma poi ho fatto un calcolo: quaranta dischi in dodici mesi fanno un disco ogni nove giorni. Poco meno di un disco nuovo, inedito, mai sentito prima alla settimana. E come si fa?  L’ho sempre pensato: la bulimia musicale è tremenda, il rincorrere sempre e comunque il nuovo, abbindolati da varie copertine e home page che parlano ad ogni uscita di capolavori e di gruppi stratosferici, il consumare nella maniera più tremenda la musica è male. Si rischiano di prendere fischi per fiaschi, e arrivare a pensare che, facendo un parallelo letterario, l’Iliade l’abbia scritta Baricco. Signori: gli anni che vanno dai ’50 ai ’70 sono la nostra antica Grecia. I classici vanno studiati. (Bum. Ah, per inciso, se volete vedere la lista, è sul forum di Città del Capo – Radio Metropolitana, più precisamente qua.)

Andare a vedere un concerto dei Living Colour nel 2006, anzi, quasi 2007 – sempre a proposito di musica vecchia. E quindi domani li vedrò con la formazione originale. Che vi devo dire? Secondo me sono molto sottovalutati, sono stati un’ottima band a cavallo degli anni ’80 e ’90. Un periodo tremendo, stretti tra il metal e il grunge. Però Stain, nonostante non sia il loro lavoro migliore, non mi stanca mai (e se domani dovessero fare “Nothingness” in versione acustica, i miei singhiozzi copriranno la loro musica).

Suonare questo pomeriggio con Jon Spencer e gli Heavy Trash. Sì, ho un po’ barato, “suonare” non è la parola esatta. Ma insomma, quando qualcuno nei dischi batte le mani è accreditato, sotto la voce “handclapping”, no?

Partners

No, giusto una breve nota per dirvi che domani a Sparring Partner c’è Paolo Sorrentino che chiacchiererà con me, Fede MC e con voi del suo ultimo film L’amico di famiglia. Non al telefono, proprio negli studi della radio. Se avete domande, usate la sezione “contatti” di Sparring Partner. Se arrivate tardi c’è il podcast e anche l’archivio audio. Non dite che non eravate stati avvisati.

Poi mercoledì c’è al telefono Giampaolo Felici degli Ardecore.

Ecco l’intervista!

 

E poi inizierò anche a scrivere sul blog di Sparring Partner. Appena la Clone Inc. mi consegna un altro me, che si occuperà anche di rispondere a mail piacevoli, scrivere regolarmente qua, riprendere il fotoblog, andare a bere le birre.

Ultim’ora: Paolo Sorrentino ha la febbre, quindi, come da scaletta, oggi si parla di Caravaggio. Butta via.

Ma alla fine l’intervista a Sorrentino l’ho fatta…

Sparring Parte

Oggi è un giovedì freddo, quindi non estivo, e il mio istinto sarebbe quello di preparare i dischi, pensando a come ammorbarvi durante il mio programma Monolocane. Ma, come i più attenti di voi già sapranno, il programma è finito. Non è finita, però, la mia presenza in etere, eh no. Speravate, voi.

Da questa settimana, infatti, è iniziato Sparring Partner, il mio nuovo programma, che va in onda dal lunedì al venerdì, dalle 10.40 alle 11.30, sempre sui 96.250 e 94.7 MHz di Città del Capo – Radio Metropolitana di Bologna. Ogni giorno un ospite per “cinquanta minuti di cultura senza k”, come recita il sottotitolo. E io ci sto provando, a parlare di “cultura” senza essere imbalsamato, troppo gggiovane, o marinosinibaldesco. Esiste la terza via? Ed è quella che ho preso? Ditemelo voi. Intanto io vado a Londra per il fine settimana a rinfrescarmi le idee e a scoprire nuove tendenze (si dice sempre così, no, quando si va a Londra).
A lunedì, quando avrò come ospite nientemeno che Stefano Bollani, e tanti altri ne seguiranno ancora.

Sparring Partner è ascoltabile in streaming anche dal presto ricchissimo sito ufficiale (cari amici che l’avete creato, insieme a tutto il resto, mai vi ringrazierò abbastanza), ma ha anche il podcast. Vuoi sapere come (fare)? Clicca sulla pagina web della trasmissione, o sull’argomento in questione sul forum della radio e chiedimi come! E se vuoi essere sempre informato sulle scalette di Sparring Partner, mandami una mail! In omaggio una mountain bike con cambio Shimano.

Minilocane

I post che avrei voluto scrivere in questi giorni dovevano avere altri argomenti: il mio ritorno stagionale nel borgo natìo e il decennale della mia presenza a Bologna. Ma spesso, qui, il giovedì o il mercoledì, ho annunciato la puntata di Monolocane, soprattutto quando ho avuto ospiti particolari, o dischi belli da farvi sentire, o altro.

Beh, quella di oggi sarà l’ultima puntata di Monolocane. Una cosa che fa a pugni con quello che c’è scritto un po’ più in giù nella pagina: ma del resto non pensavo che la prima puntata sarebbe stata anche la terzultima. Ma prima di inviare sdegnate lettere alla direzione di Città del Capo Radio Metropolitana, sappiate che la mia voce, dalla prossima settimana, infesterà l’etere molto più di quanto l’abbia fatto fino ad adesso. Il match è tutto da cominciare.
Resta il fatto che quella di stasera sarà l’ultima puntata di Monolocane. Non so cosa succederà: dipende anche da voi. Forse durerà di più, forse no. Comunque, è il caso di dirlo: stay tuned.

Vuoi sentire l’ultima puntata di Monolocane per poi vantarti con gli amici? Bravo! Se sei a Bologna, prendi il tuo apparecchio radiofonico a valvole, accendilo e sintonizzati sui 96.3 o 94.7 MHz. Se sei un ragazzo del duemila o non hai un apparecchio radiofonico, usa il computer. Basta cliccare qua.

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