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It’s the end (as we know it)

Michael Stipe

Sperando che la dignità che li ha sempre contraddistinti si mantenga, e che quindi non si rimettano insieme tra due anni, dico ciao e grazie di tutto ai R.E.M., pensando che, alla fine, una volta dal vivo li ho visti (e ho fatto delle foto e dei video a cui sono davvero legato).

iChurch

Sabato mattina ha aperto i battenti l’Apple Store di Bologna. Da fuori il negozio è bellissimo: tre piani in un palazzo bianco dell’800 a cinquanta metri dalle Torri. Nella notte tra venerdì e sabato si sono accampati diversi ragazzi fuori dal negozio, per entrare per primi nello Store. Perché?, vi chiederete. Me lo sono chiesto anche io. C’era uno sconto speciale, regalavano dei computer, o anche delle chiavette USB? No. Ho scoperto sabato pomeriggio che regalavano, ai primi mille, una maglietta. Una t-shirt di cotone.  Con la mela, certo.

Nello stesso pomeriggio ho pensato “Be’, andiamo a vedere com’è questo negozio: ci sarà gente, certo, ma…” C’era la fila fuori, sotto il sole, con tanto di cordoni a serpentina per ordinare le persone in attesa. Non solo: ogni gruppo di clienti che entrava veniva accolto dai commessi del negozio con una ola e “cinque alti”. Non ci credete? Ci sono i video. In un pomeriggio in cui il centro storico sperimentava la chiusura alle auto, e la città era davvero bella, il vociare della gente a passeggio veniva interrotto da urla di giubilo: “Benvenuti!” “Ooolèèè!” e via sbraitando.

La mia preoccupazione aumenta: perché accade ciò? Perché tutta questa eccitazione? Badate bene che non sono uno che non apprezza alcune cose della casa-della-mela: sto scrivendo su un iMac (uno dei migliori acquisti che abbia mai fatto) e ho un iPod. La differenza, forse, è che io uso, non credo.

Di |2024-05-13T20:57:23+02:0019 Settembre 2011|Categorie: I Me Mine|Tag: , , , , |2 Commenti

31 anni fa

Lo sapete tutti dell’orrore di ciò che è successo in quel 2 agosto 1980 e in tutti i giorni successivi fino ad oggi, ricolmi di bugie, insabbiamenti, depistaggi. Io mi ricordo benissimo di quando i miei genitori mi raccontarono perché quell’orologio era fermo e cos’era quello squarcio nel muro.

Non saperlo prima, ma impararlo là, nel luogo in cui tutto era avvenuto, ha fatto sì che ogni volta, ogni singola volta che ho messo piede in Piazza Medaglie d’Oro abbia pensato a quel giorno. Anche questo è non dimenticare: credo che talvolta la memoria sia un fardello faticoso, quotidiano e insostituibile. E la stiamo perdendo.

Di |2024-05-14T18:07:46+02:002 Agosto 2011|Categorie: Glass Onion, Taxman|Tag: , , , , |0 Commenti

Che bello, 5000 amici, due chitarre e…

Forse di spinelli ieri notte in piazza Castello a Ferrara ce n’erano: in ogni caso il finale del concerto di The National è stato qualcosa di emozionante. Quella “Vanderlyle Crybaby Geeks” che chiude l’ultimo High Violet, suonata dalle due chitarre acustiche senza amplificazione e qualche fiato davanti a 5000 persone che cantano tutte insieme. Se mi è tremata la mano nelle riprese, quindi, giustificatemi.

Terapia

Talvolta, nella vita, diventa naturale o necessario troncare i rapporti con certe persone: spesso ciò deriva dall’intensità emotiva della relazione, le cui basi, però, non esistono più o sono state gravemente danneggiate.

Del rapporto tra me, i CCCP e i CSI (e infine i PGR) ho parlato in un post di qualche anno fa: l’ho riletto e concordo con molto di quello che ho scritto. Però la mancanza delle canzoni delle prime due incarnazioni della band non se n’è mai andata. Ho tutto, ma l’idea di risentire la voce di Ferretti, un tempo così vicina, ora distante perché indissolubilmente ormai legata alle sue sparate (diradatesi, per fortuna), mi ha sempre urtato. Certo, è capitato di accontentare richieste in radio e di passare le loro canzoni, ma spesso sono arrivati commenti degli ascoltatori che esprimevano bene il senso di disagio che si può provare nell’ascoltarle.

Insomma, ero malato, in un certo modo.

L’occasione è arrivata sabato sera, quando ha fatto tappa a Bologna il tour estivo che vede insieme Angela Baraldi e Massimo Zamboni alle prese con il repertorio dei CCCP e CSI. Sono andato scettico verso il concerto, ma è bastato che i due salissero sul palco e iniziassero a suonare insieme agli altri musicisti della band per ricordarmi di quanto siano semplicemente belle le canzoni di Ferretti e Zamboni.

Il concerto è stato sempre più coinvolgente, fino a quando Zamboni ha detto: “Questo concerto si chiama ‘Come una terapia’ e quindi… ‘Curami'”. La canzone è esplosa e io ho capito che effettivamente stavo facendo una terapia nel momento in cui questa si era conclusa. E mi sono goduto tutte le canzoni del bel concerto, anche quelle firmate da quell’uomo ora così distante, con gioia e partecipazione.
Quindi: addio, Giovanni. Sono riuscito a dimenticarti senza scordarmi di te.

Il DJ vs. il Paese reale – Appendice 2. Dell’importanza di nomi, suggerimenti e generi nelle richieste musicali

Mettere qualche disco al matrimonio di sabato con P. e F. è stato più che divertente: uno spasso. Certo, anche in una villa isolata da un bosco può mettere piede la Polizia Municipale a causa di lamentele giunte per il volume troppo alto, probabilmente da una famiglia di tassi, ma tutto il mondo è un paese, a quanto pare. Anche per le richieste che arrivano puntualmente e che (senza ironia) ti danno la possibilità di accontentare una persona e talvolta di renderla davvero felice. Per questo, a parte l’ironia che se ne è fatta in questi post, se qualcuno chiede una canzone, cerco di metterla, prima o poi. Figuriamoci a un matrimonio.

Però succedono delle cose davvero buffe: come ad esempio, sabato, una ragazza che mi chiede “Rock N Roll”.
“Dei Led Zeppelin?”, domando.
“Ah, sì, i Led Zeppeling“, dice lei tradendo la conoscenza della grammatica inglese.

“Dovrei averla…”, mormoro iniziando a cercare il cd.
“Ma anche un’altra dei Led Zeppeling“, rilancia la ragazza.
“Ah, ok: quale vuoi?”
“Non so… ‘Stairway to Heaven’?”
Per fortuna in quel momento P. tira fuori il cd con “Rock N Roll” ed evitiamo il penoso tentativo di fare ballare gli invitati sulla lunghissima epopea di Page e Plant.

Poco dopo, però, si presenta un ragazzo che chiede prima del “rap futurista” (dei Marinetti bros., presumo) e subito dopo, senza neanche darmi il tempo di stupirmi, del country.
Mi chiedono del country da ballare e qualcosa mi viene in mente, un lampo. Ma il fatto è che, sarò un dj scarso quasi quanto a fare il cowboy, ma io non ho nulla di quel genere con me. A parte…
“Johnny Cash”, fa il ragazzo, mentre mima che suona una chitarrina.
Ce l’ho, ce l’ho.
“Un attimo”, dico. Ma lo stesso ragazzo dice ancora: “Anche una canzone folk.”
Country o folk, penso. Cos’è che mi ricorda?
“O qualcosa dei Blues Brothers”, suggerisce ancora lui.
E io mi illumino. Perché era esattamente quello il film: i musicisti entrano in un locale. “Che musica si suona qui?”, chiede la band. “Oh, nel facciamo di tutti e due i tipi”, risponde il gestore che indossa un cappello a falde larghe. “Country e western”.
E io so che cosa mandare in quel momento: un pezzo che mai avrei pensato potesse trovare spazio in un djset, questo.

Capisco che abbiamo avuto successo quando vedo che anche la ragazza dei Led Zeppeling danza scatenata insieme agli sposi.

Il DJ vs. il Paese reale – Appendice 1. Del concetto di “ballabile”

Vi ricordate, nella scorsa estate, il DJ set bizzarro che ho fatto? Uno dei termini chiave di quella sera era stato “ballabile”.
Venerdì scorso, stesso posto. I DJ della radio si alternano e prima di me ce ne sono due che stanno facendo impazzire il pubblico: eh, so’ bravi, so’. Sta girando l’ultimo pezzo. Neanche arrivo ai piatti che si avvicina una ragazza: “Oh, metterai qualcosa di ballabile, almeno tu?”. Io evito di:

1. fare presente alla ragazza che stanno ballando tutti;
2. iniziare con lei una discussione sul concetto da lei lanciato (è il caso di dirlo) in pista;
3. risponderle proprio.
Quindi la guardo con un sorrisetto che vuol dire “aspetta, aspetta”. E metto questo pezzo:

Scelta banalissima, sì, ma insomma: la gente (com’era facile prevedere) continua a ballare felice, bene. Nel giro di cinque secondi mi dicono che c’è tempo per solo un’altra canzone e ritorna la ragazza di prima, con l’aria incazzata, che mi dice: “E questo lo chiami ballabile?”. Io la guardo, le sorrido, le metto una spilletta di Maps (sfortunatamente chiusa) in mano, e le dico “Sì”. Dopo di che sono andato in pista, in mezzo alla gente che ballava, senza saperlo, il penultimo pezzo di quella serata.

We need to talk

Ho visto di recente The Gates, sfortunata (e abbastanza scarsa) serie orrorifica della ABC. Durante tutti e tredici gli episodi, mi sono reso conto che il vero problema della cittadina-fortezza-che-nasconde-molti-segreti è che hanno bisogno di parlare. Moltissimo.

Ho costruito, quindi, questo video con le prove di quello che dico.

Di |2024-06-02T16:53:34+02:0015 Giugno 2011|Categorie: Glass Onion, I Am The Walrus, I Me Mine|Tag: , , , , |0 Commenti
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